Cassazione penale, sez. IV, 17 gennaio 2013, n. 2568
Un conducente viene condannato in primo grado e in appello per il reato di guida in stato di ebrezza, in quanto i giudici di merito desumevano dalla grave portata dell’incidente causato nonché dall’alito vinoso riscontrato dalle forze dell’ordine intervenute sul posto, elementi idonei e sufficienti a ritenere integrata la fattispecie incriminatrice de qua.
Il nuovo art. 186, comma 2, Cds, prevede un doppio regime sanzionatorio: se il tasso alcolemico rilevato si attesta tra 0,5 g/l e tra 0,8 g/l, il guidatore deve essere sanzionato unicamente in via amministrativa; diversamente, allorquando il tasso alcolemico risulti superiore a 0,8 g/l permane anche nella nuova formulazione normativa la configurabilità del reato di guida in stato di ebrezza.
In più di un’occasione la Cassazione (sez. IV, n. 6889/2011, n. 28787/2011) ha affermato che è possibile l’accertamento dello stato di ebrezza del conducente su base sintomatica, ovvero in assenza della necessaria strumentazione tecnica. Tuttavia, pur quando risulti accertato il superamento della soglia minima stabilita dalla legge (0,5 g/l), si presume che la condotta dell’agente configuri un mero illecito amministrativo, a meno che “non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell’agente rientri nell’ambito di una delle ipotesi che secondo la legge conservano rilievo penale”.
L’applicazione del principio del favor rei conduce dunque la Cassazione a rigettare la sentenza impugnata, soprattutto in considerazione della circostanza che la fattispecie normativa citata (art. 186 Cds) sanziona diversamente la condotta dell’agente, in via amministrativa o in via penale, in base ad una lieve differenziazione dell’entità del tasso alcolemico, il cui accertamento si presenta difficoltoso, se non improbabile, allorquando viene effettuato prendendo in esame unicamente elementi sintomatici e non criteri certi e determinati dalla legge.
Cassazione penale, sez. IV, 17 gennaio 2013, n. 2568