Cassazione penale, sez. II, 6 febbraio 2008, n. 6002
Perquisizioni, ispezioni e sequestri presso uno studio legale e garanzie di libertà del difensore previste dall’art. 103 c.p.p.
L’art. 103 c.p.p. in tema di garanzie di libertà del difensore pone diversi limiti alla possibilità da parte dell’Autorità Giudiziaria di procedere ad ispezioni, perquisizioni e sequestri da effettuarsi negli uffici del difensore stesso.
Il primo comma del ridetto articolo consente ispezioni e perquisizioni negli uffici del difensore in due sole ipotesi:
a) qualora il difensore stesso o altre persone che svolgono stabilmente attività nello stesso ufficio siano imputati e limitatamente ai fini dell’accertamento del reato ad essi attribuito;
b) al fine di rilevare tracce o altri effetti materiali del reato o per ricercare cose o persone specificamente predeterminate.
Il secondo comma esclude in ogni caso la possibilità di procedere a sequestro di carte o documenti che costituiscano oggetto della difesa, salvo che costituiscano essi stessi corpo del reato mentre il terzo comma prevede che l’Autorità Giudiziaria, nell’accingersi a eseguire una ispezione, una perquisizione o un sequestro nell’ufficio di un difensore, a pena di nullità, debba avvisare il Consiglio dell’Ordine Forense del luogo affinché il presidente o un consigliere da questi delegato possa assistere alle operazioni.
Orbene al fine di meglio comprendere la portata di detti limiti occorre avere a mente quale sia la ratio della norma e l’oggetto della tutela configurata dall’articolo in questione ovvero la tutela dell’attività del difensore e la garanzia del diritto di difesa.
Non è pertanto fatto immune dalla possibilità di essere sottoposto a ispezioni e sequestri l’avvocato in quanto tale, ipotesi che configurerebbe un ingiusto privilegio di “status” in suo favore, ma l’avvocato in quanto titolare di un mandato difensivo, ancorché detto mandato si riferisca a procedimenti diversi da quello in relazione al quale è disposta l’ispezione, la perquisizione od il sequestro, ivi inclusi procedimenti civili o comunque diversi da procedimenti penali, giacché la tutela apprestata dalla norma è esclusivamente strumentale alla garanzia della sua funzione difensiva (cfr. S.U. n. 24 e n. 25/1994)
Detti principi sono stati enucleati in varie pronunce della S.C. cosicché si è potuti giungere a circoscrivere l’ipotesi in cui venga meno la necessità dell’avviso al Consiglio dell’Ordine Forense previsto al terzo comma dell’art. 103 c.p.p..
In particolare a tal proposito vanno ricordate la cd. sentenza Daccò del 2003 (Cass. Pen. n. 35469/2003) e la precedente pronuncia n. 6766/1998 secondo le quali, per l’appunto, le perquisizioni, le ispezioni ed i sequestri da compiere nell’ufficio di un avvocato non devono necessariamente essere preceduti dall’avviso al Consiglio dell’Ordine forense quando la persona sottoposta all’indagine sia lo stesso professionista. In tal caso, considerato che il soggetto attivo del reato non è la persona assistita bensì una persona che esercita la professione legale, non viene in rilievo la tutela della funzione difensiva e dell’“oggetto della difesa”, cui è finalizzata la disposizione in esame. Al di fuori di detto ambito le garanzie di cui all’art. 103 c.p.p. devono invece trovare ampia applicazione secondo i dettami delle Sezioni Unite del 1994.
Nel caso di specie è stato pertanto ritenuto illegittimo per violazione delle garanzie di cui all’art. 103 c.p.p., ed in quanto tale annullato, il sequestro preventivo eseguito all’interno dello studio legale associato, senza la preventiva comunicazione al competente Consiglio dell’Ordine Forense ed avente ad oggetto beni di pertinenza dell’attività professionale forense.
Non solo, infatti, uno dei titolari dello studio legale all’interno del quale sono state eseguite le operazioni di perquisizione, ispezione e sequestro non risultava ancora iscritto nel registro degli indagati (a nulla rilevando che l’iscrizione fosse intervenuta in data successiva) ma il sequestro è stato effettuato presso lo studio occupato anche ad altro avvocato non coinvolto nelle indagini, così superando i limiti e le garanzie posti dall’art. 103 c.p.p. «proprio ad evitare che con ispezioni e perquisizioni non strettamente necessarie negli uffici dei difensori, effettuate dalla polizia giudiziaria in modo incontrollato si possa condurre una ricerca indiscriminata su tutti gli atti esistenti nell’ufficio del difensore, con la possibilità di acquisire o comunque di conoscere, ancorchè relativi ad altri procedimenti, atti di un rapporto difensivo che il difensore ha diritto di mantenere segreti».
Art. 103 Codice di Procedura Penale
Garanzie di libertà del difensore
1. Le ispezioni e le perquisizioni negli uffici dei difensori sono consentite solo:
a) quando essi o altre persone che svolgono stabilmente attività nello stesso ufficio sono imputati, limitatamente ai fini dell'accertamento del reato loro attribuito;
b) per rilevare tracce o altri effetti materiali del reato o per ricercare cose o persone specificamente predeterminate.
2. Presso i difensori e gli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, nonché presso i consulenti tecnici non si può procedere a sequestro di carte o documenti relativi all'oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato.
3. Nell'accingersi a eseguire una ispezione, una perquisizione o un sequestro nell'ufficio di un difensore, l'autorità giudiziaria a pena di nullità avvisa il consiglio dell'ordine forense del luogo perché il presidente o un consigliere da questo delegato possa assistere alle operazioni. Allo stesso, se interviene e ne fa richiesta, è consegnata copia del provvedimento.
4. Alle ispezioni, alle perquisizioni e ai sequestri negli uffici dei difensori procede personalmente il giudice ovvero, nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero in forza di motivato decreto di autorizzazione del giudice.
5. Non è consentita l'intercettazione relativa a conversazioni o comunicazioni dei difensori, degli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, dei consulenti tecnici e loro ausiliari, né a quelle tra i medesimi e le persone da loro assistite.
6. Sono vietati il sequestro e ogni forma di controllo della corrispondenzatra l'imputato e il proprio difensore in quanto riconoscibile dalle prescritte indicazioni, salvo che l'autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato.
7. Salvo quanto previsto dal comma 3 e dall'articolo 271, i risultati delle ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, eseguiti in violazione delle disposizioni precedenti, non possono essere utilizzati. Fermo il divieto di utilizzazione di cui al primo periodo, quando le comunicazioni e conversazioni sono comunque intercettate, il loro contenuto non può essere trascritto, neanche sommariamente, e nel verbale delle operazioni sono indicate soltanto la data, l'ora e il dispositivo su cui la registrazione è intervenuta.
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Cassazione penale, sez. II, 6 febbraio 2008, n. 6002