Corte Costituzionale, 2 febbraio 2016, n. 17
Secondo la Consulta è ammissibile la richiesta di referendum popolare per l’abrogazione del comma 17, terzo periodo, dell’art. 6 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Stabilità 2016), limitatamente alle parole “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”.
La norma, nell’attuale formulazione, prevede che “sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4 , 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9” e che “Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l’intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette” pur tuttavia “I titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”.
Il quesito referendario, contrariamente a quanto sostenuto dall’Avvocatura dello Stato, non comporta l’introduzione di una nuova e diversa disciplina in materia, in quanto è diretto alla sola abrogazione della disposizione normativa succitata, in vista del chiaro ed univoco risultato di non consentire che il divieto di attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi stabilito nelle zone di mare entro le 12 miglia incontri deroghe ulteriori quanto alla durata dei titoli abilitativi già rilasciati.
In altri termini il referendum mira solo ed esclusivamente ad evitare una proroga delle concessioni petrolifere già rilasciate.
Con la Legge di stabilità è stata infatti introdotta una modificazione della durata dei titoli abilitativi già rilasciati, commisurandola al periodo «di vita utile del giacimento», prevedendo, quindi, una sostanziale proroga dei titoli abilitativi già rilasciati, ove «la vita utile del giacimento» superi la durata stabilita nel titolo.
La Corte ha altresì respinto la tesi dell’Avvocatura generale dello Stato in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri secondo cui il quesito referendario violerebbe il principio di divieto di abrogazione in via referendaria di norme «costituzionalmente necessitate», in quanto il quesito, se accolto, comporterebbe la lesione del “diritto” alla proroga delle concessioni petrolifere maturato dai titolari e quindi del loro legittimo affidamento.
In realtà, secondo la Consulta, «il quesito referendario … rispetta i limiti espressamente indicati dall’art. 75 Cost. o comunque desumibili sulla base dell’interpretazione logico-sistematica dell’ordinamento costituzionale. In particolare non riguarda alcuna delle materie di cui tale articolo prevede l’esclusione; non ha contenuto propositivo, si presenta come unitario ed univoco e possiede i necessari requisiti di chiarezza ed omogeneità».
D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) articolo 6, comma 17
17. Ai fini di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, all’interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni dell’Unione europea e internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4 , 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9 . Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l’intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette. I titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale. Sono sempre assicurate le attività di manutenzione finalizzate all’adeguamento tecnologico necessario alla sicurezza degli impianti e alla tutela dell’ambiente, nonché le operazioni finali di ripristino ambientale. Dall’entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente comma è abrogato il comma 81 dell’ articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239 . A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i titolari delle concessioni di coltivazione in mare sono tenuti a corrispondere annualmente l’aliquota di prodotto di cui all’ articolo 19, comma 1 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625 , elevata dal 7% al 10% per il gas e dal 4% al 7% per l’olio. Il titolare unico o contitolare di ciascuna concessione è tenuto a versare le somme corrispondenti al valore dell’incremento dell’aliquota ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato, per essere interamente riassegnate, in parti uguali, ad appositi capitoli istituiti nello stato di previsione , rispettivamente, del Ministero dello sviluppo economico, per lo svolgimento delle attività di vigilanza e controllo della sicurezza anche ambientale degli impianti di ricerca e coltivazione in mare, e del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per assicurare il pieno svolgimento delle azioni di monitoraggio, ivi compresi gli adempimenti connessi alle valutazioni ambientali in ambito costiero e marino, anche mediante l’impiego dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), delle Agenzie regionali per l’ambiente e delle strutture tecniche dei corpi dello Stato preposti alla vigilanza ambientale, e di contrasto dell’inquinamento marino.
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Corte Costituzionale, 2 febbraio 2016, n. 17