Cassazione civile, sez. unite, 11 maggio 2009, n. 10674
Ai sensi dell’art. 366 bis primo periodo CPC, nel giudizio di legittimità il quesito di diritto deve costituire la chiave di lettura delle ragioni addotte nel ricorso e porre la Cassazione in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regula iuris avente portata generale e dunque suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata. Vale a dire che la Corte deve poter comprendere dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, quale sia la regola giuridica applicata dal giudice di merito e quale debba essere, secondo le prospettazioni del ricorrente, quella da applicare. In conclusione, l’ammissibilità del motivo dipende dalla formulazione di un quesito, compiuta ed autosufficiente, dalla cui risoluzione scaturisca necessariamente il segno della decisione.
Nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto che la parte ricorrente non avesse adempiuto all’onere di proposizione di una valida impugnazione, avendo formulato il quesito in termini generici, senza indicare la ratio decidendi, né la violazione specificamente addebitabile alla pronuncia gravata in ordine al caso controverso.
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Cassazione civile, sez. unite, 11 maggio 2009, n. 10674