Corte Costituzionale, 16 luglio 2008, n. 278
Viola gli artt. 3 e 24 Cost. la disposizione di cui all’art. 13, comma 8, del d.lgs. n. 286 del 1998, e successive modifiche (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) nella parte in cui non consente l’utilizzo del servizio postale per la proposizione diretta, da parte dello straniero, del ricorso avverso il decreto prefettizio di espulsione, quando sia stata accertata l’identità del ricorrente in applicazione della normativa vigente.
La Corte ha dichiarato l’illegittimità della norma richiamando un proprio precedente relativo all’opposizione a ordinanza-ingiunzione. Con la sentenza n. 98 del 2004 fu dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 22 della Legge 689 del 1981 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui non consentiva l’utilizzo del servizio postale per la proposizione dell’opposizione alla ordinanza-ingiunzione, affermando l’esigenza, di carattere costituzionale, che le norme che determinano cause di inammissibilità degli atti introduttivi dei giudizi siano in armonia con lo specifico sistema processuale cui si riferiscono e non frappongano ostacoli all’esercizio del diritto di difesa non giustificati dal preminente interesse pubblico ad uno svolgimento del processo adeguato alla funzione ad esso assegnata.
«L’argomento può essere solo in parte riferito alla procedura di impugnazione del decreto di espulsione, la quale, pur essendo improntata alla massima semplicità di forme ed all’obbiettivo di un accesso immediato alla giustizia, si colloca in un contesto del tutto particolare.
Il sistema delineato dalla norma denunciata, infatti, nel consentire allo straniero di sottoscrivere personalmente il ricorso, prevede che quest’ultimo sia depositato presso la cancelleria del giudice competente, o, in caso di rientro nel Paese d’origine o in altro luogo, che sia presentato per il tramite dell’autorità consolare o diplomatica italiana nel Paese di destinazione.
La presentazione del ricorso, in altri termini, viene articolata in modo tale da garantire la certezza circa l’identità dello straniero destinatario del provvedimento di espulsione. Nei casi di proposizione del ricorso per mezzo del difensore o della rappresentanza diplomatica, questa garanzia risulta pienamente assicurata. Altrettanto può dirsi nel caso di sottoscrizione personale del ricorso da parte dello straniero e conseguente deposito del medesimo presso la cancelleria del giudice competente con consegna a mani del cancelliere. Nel caso, invece, di trasmissione del ricorso a mezzo posta l’identità del ricorrente potrebbe non risultare garantita. Conseguentemente non potrebbero ritenersi soddisfatte quelle esigenze di certezza perseguite dal legislatore.
Ovviamente, però, quando, vi sia certezza circa l’identità dello straniero non v’è ragione di escludere l’utilizzabilità del servizio postale per la presentazione del ricorso. In tale ipotesi, infatti, l’esclusione risulterebbe incongrua.
Nei termini che precedono, quindi, va dichiarata l’illegittimità costituzionale della norma denunciata, nella parte in cui non consente l’utilizzo del servizio postale al fine del deposito del ricorso in opposizione avverso il decreto prefettizio di espulsione, quando sia stata accertata l’identità del ricorrente in applicazione della normativa vigente».
Corte Costituzionale, 16 luglio 2008, n. 278