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Giurisprudenza Ambiente Protezione civile

Letame e materie fecali: utilizzazione agronomica ed esclusione dalla disciplina dei rifiuti

Avv. Gianluca Lancianodi Avv. Gianluca Lanciano24 Maggio 2022Aggiornato il:24 Maggio 2022
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Cassazione penale, sez. III, 11 maggio 2022, n. 18513

Utilizzazione agronomica di letame e materie fecali ed esclusione dalla disciplina dei rifiuti solo se provenienti da attività agricola ed riutilizzate nella stessa

Per quanto riguarda l’utilizzo di letame e materie fecali l’esclusione dalla disciplina dei rifiuti opera a condizione che le materie fecali provengano da attività agricola e che siano riutilizzate nella stessa attività agricola. Detta esclusione è quindi applicabile solo al letame agricolo, poiché quello non agricolo va sicuramente qualificato come rifiuto. In ogni caso l’effettiva riutilizzazione del letame nell’attività agricola deve essere dimostrata dall’interessato.

Sul piano della disciplina positiva, l’utilizzazione agronomica degli affluenti di allevamento, nella specie attraverso la pratica della fertirrigazione, trova un’importante referente normativo nell’art. 112 del d.lgs. n. 152/2006, il quale (come già la previgente disciplina) consente «... l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, sulla base di quanto previsto dalla Iegge 11 novembre 1996, n. 574, nonché dalle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'art. 101, comma 7, lett. a), b) e c), e da piccole aziende agroalimentari, così come individuate in base al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali di cui al comma 2», previa comunicazione all'autorità competente ai sensi all’art. 75 del medesimo decreto.
Tale attività, in base a quanto disposto dal comma 2 della norma in esame, è disciplinata dalle Regioni sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali adottate con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio, delle attività produttive, della salute e delle infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra Io Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano (cfr., sul tema, Sez. 3, n. 5044 del 17/01/2012, Moretto, n.m.).
Sulla base del richiamo così operato dall’art. 112, comma 2, d.lgs. n. 152/2006, dunque, un ruolo fondamentale nella disciplina della materia è svolto dal decreto interministeriale n. 5046 del 25 febbraio 2016, che detta criteri e norme tecniche generali, destinate ad essere integrate dalle disposizioni di dettaglio di matrice regionale, che possono anche modificare le regole generali in senso più restrittivo, adeguandole alle particolari esigenze locali.
Fra le disposizioni dettate dal citato decreto interministeriale che costituiscono espressione di principi e criteri di carattere generale in materia, rileva qui l’art. 2, secondo il quale l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento definiti dall’art. 3, lett. c) del medesimo decreto come «le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato (...)» - è esclusa dall’ambito applicativo della normativa sui rifiuti dettata dalla Parte Quarta del d.lgs. n. 152/2006 non in via generale ed astratta, ma «solo qualora rispetti i criteri generali e le norme tecniche di utilizzazione agronomica disciplinate nel presente decreto».

Art. 112 - (Utilizzazione agronomica)
1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 92 per le zone vulnerabili e dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, per gli impianti di allevamento intensivo di cui al punto 6.6 dell’Allegato 1 al predetto decreto, l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, sulla base di quanto previsto dalla legge 11 novembre 1996, n. 574, nonché dalle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all’articolo 101, comma 7, lettere a), b) e c), e da piccole aziende agroalimentari, così come individuate in base al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali di cui al comma 2, è soggetta a comunicazione all’autorità competente ai sensi all’articolo 75 del presente decreto.
2. Le regioni disciplinano le attività di utilizzazione agronomica di cui al comma 1 sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali adottati con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con i Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio, delle attività produttive, della salute e delle infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del predetto decreto ministeriale, garantendo nel contempo la tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del presente decreto.
3. Nell’ambito della normativa di cui al comma 2, sono disciplinali in particolare:
a) le modalità di attuazione degli articoli 3, 5, 6 e 9 della legge 11 novembre 1996, n. 574;
b) i tempi e le modalità di effettuazione della comunicazione, prevedendo procedure semplificate nonché specifici casi di esonero dall’obbligo di comunicazione per le attività di minor impatto ambientale;
c) le norme tecniche di effettuazione delle operazioni di utilizzo agronomico;
d) i criteri e le procedure di controllo, ivi comprese quelle inerenti l’imposizione di prescrizioni da parte dell’autorità competente, il divieto di esercizio ovvero la sospensione a tempo determinato dell’attività di cui al comma 1 nel caso di mancata comunicazione o mancato rispetto delle norme tecniche e delle prescrizioni impartite;
e) le sanzioni amministrative pecuniarie fermo restando quanto disposto dall’articolo 137, comma 15.

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Cassazione penale, sez. III, 11 maggio 2022, n. 18513

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