Cassazione penale, sez. III, 26 settembre 2012, n. 37076
«L’art. 609 bis comma 1, sanziona la condotta di “chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali”; allo stesso modo, il comma 2 della stessa norma contempla, quale illecito penale, la condotta di “chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali” con le modalità poi specificate dai numeri 1) e 2). È pertanto evidente che il reato di violenza sessuale non è esclusivamente caratterizzato dal contatto corporeo tra soggetto attivo e soggetto passivo del reato, ma può estrinsecarsi anche nel compimento di atti sessuali che lo stesso soggetto passivo, a ciò costretto o indotto dal soggetto attivo, compia su se stesso o su terzi. Per tali ragioni, del resto, questa Corte ha da tempo affermato che l’attività di prostituzione che si caratterizzi per atti sessuali che la persona retribuita a tal fine compia appunto su se stessa o su terzi ben può essere svolta “a distanza”, ovvero a fronte della presenza in due luoghi diversi del soggetto richiedente e del soggetto richiesto, come ad esempio, di prestazione richiesta ed effettuata per via telefonica (Sez. 3, n. 7368 del 18/01/2012, L. e altro, Rv. 252133) o attraverso internet (Sez. 3, n. 15158 del 21/03/2006, P.M. in proc. Terrazzi, Rv. 233929 in caso di prestazioni sessuali eseguite in videoconferenza via web- chat).
Ben può, dunque, il reato di violenza sessuale, consistente nel compimento, come nella specie, da parte della persona offesa, di atti sessuali su se stessa, essere commesso anche a distanza, ovverossia a mezzo telefono o di altre apparecchiature di comunicazione elettronica (cfr. Sez. 3, n. 12987 del 03/12/2008, dep. 25/03/2009, Brizio, Rv. 243090).
Del resto, non vi è dubbio che la norma (con riferimento, evidentemente, ad atti sessuali compiuti dalla persona offesa su se stessa o anche su terzi diversi dal soggetto attivo) non richieda, all’interno dell’elemento oggettivo del reato, che tra soggetto attivo e passivo vi sia contestualità spaziale, ben potendo la minaccia o la violenza o, come nella specie, la condotta connotante l’abuso di cui all’art. 609 bis c.p., comma 2, n. 1 essere posta anche in luogo diverso da quello in cui il soggetto passivo la subisce, essenziale invece essendo che l’abuso venga, da quest’ultimo, effettivamente percepito».
Cassazione penale, sez. III, 26 settembre 2012, n. 37076