La giurisprudenza europea esclude la consulenza legale dagli obblighi di segnalazione delle operazioni sospette, uno degli adempimenti della normativa di contrasto al riciclaggio di denaro sporco che gli avvocati più avversano, lamentandone la contrarietà al principio del segreto professionale.
È stata la Corte costituzionale belga che a gennaio scorso ha statuito come: “le informazioni delle quali l’avvocato venga a conoscenza nell’esercizio delle attività fondamentali della propria professione, vale a dire l’assistenza e la difesa in giudizio del cliente e la consulenza giuridica, pur al di là di ogni provvedimento giudiziario, restano coperte dal segreto professionale”.
“In presenza di una normativa che lascia ampi spazi grigi, sarà fondamentale il ruolo dei giudici che aiuteranno a dipanare i dubbi”, ha sottolineato Giuseppe Colavitti, dell’ufficio studi del Cnf. “Nella questione della consulenza legale e delle esimenti, certo, i confini sono incerti. Ma confortano i primi indirizzi giurisprudenziali che confermano la interpretazione data dal Cnf nelle sue circolari”.
Colavitti ha ricordato che l’unica attività professionale degli avvocati a rimanere fuori dall’esimente dell’obbligo di segnalazione “è la prestazione rivolta a suggerire le modalità di compimento di una operazione o per il raggiungimento di un certo risultato economico, cioè la consulenza d’affari”.
Articolo tratto da: Consiglio Nazionale Forense