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Corte dei Conti Toscana, 8 maggio 2008 n. 346

Redazionedi Redazione8 Maggio 2008
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

SENTENZA

sul giudizio introdotto con ricorso iscritto al n. 56653PC del registro di segreteria, proposto da P.S., come in atti generalizzato e domiciliato
CONTRO
– INPDAP
– COMUNE DI FIGLINE VAL D’ARNO
per
l’accertamento ed il riconoscimento del diritto del diritto alla riliquidazione del trattamento pensionistico, con la ricomprensione dei compensi ricevuti a titolo di diritti di rogito, di indennità di direttore generale (ex art.44 CCNL 16.5.2001) e di maggiorazione della retribuzione di posizione (ex art.41, comma 4, CCNL 16.5.2001) nell’ambito delle voci retributive costituenti il trattamento economico pensionabile in misura analoga alla retribuzione fondamentale (sub A quadro 4), con accessori e vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio.
Visto l’art. 5 della legge 21 luglio 2000 n. 205;
Udito per l’Inpdap il dr. Marco Pratellesi;
Non comparsa la parte ricorrente;
Esaminati gli atti e i documenti di causa;

FATTO

Con l’odierno ricorso, ritualmente notificato, il sig. Pota, in servizio da ultimo presso il Comune di Figline Val d’Arno con la qualifica di Segretario Generale di I classe “A”, collocato in quiescenza a decorrere dal 1° ottobre 2006 per dimissioni volontarie, si lamentava della mancata inclusione nella quota A di pensione dei compensi ricevuti a titolo di diritti di rogito, di indennità di direttore generale (ex art.44 CCNL 16.5.2001) e di maggiorazione della retribuzione di posizione (ex art.41, comma 4, CCNL 16.5.2001).
Questi precisava di aver ricoperto anche l’incarico di direttore generale sia presso il Comune di Pontassieve che di Figline Val d’Arno e di aver percepito, a decorrere dal 1.7.2005, la retribuzione di posizione maggiorata del 50% come da CCNL integrativo 22.12.2003, in attuazione dell’art.41, comma 4 CCNL 16.5.2001.
Con la determinazione n.FI012006002278 l’Inpdap Firenze aveva liquidato in suo favore il trattamento di pensione, non includendo i richiamati emolumenti nell’ambito della quota A. A suo avviso, si trattava di un calcolo errato, poiché le voci richiamate sono emolumenti fissi, continuativi e predeterminati nell’ammontare che devono partecipare dello stesso trattamento fondamentale di cui all’art.15 legge 1077/1959 e all’art.37 CCNL di categoria, nel quale sono ricompresi espressamente tra le voci che compongono la retribuzione i diritti di segreteria e l’indennità di posizione e quindi l’indennità di direzione ad essa equiparata. Per quanto riguarda la maggiorazione della retribuzione di posizione il ricorrente assumeva che la sua computabilità in quota A era sancita dall’art. 41, comma 4 CCNL 16.5.2001 e CCNL integrativo 22.12.2003.
Il sig. Pota depositava memoria aggiuntiva in data 25.1.2008, nella quale ribadiva le sue argomentazioni, evidenziando che la natura di trattamento fondamentale di tali emolumenti trovava fondamento nelle fonti collettive.
L’Inpdap si costituiva con atto depositato in data 21.12.2007 ed eccepiva l’infondatezza, assumendo che le voci richiamate non rientravano nel trattamento fondamentale del segretario comunale e, pertanto, dovevano essere calcolate solo nella quota B.
All’udienza del 6 febbraio 2008 il dr. Marco Pratellesi, rappresentante dell’Inpdap, insisteva per il rigetto della domanda.
Ciò premesso in fatto, si osserva in

DIRITTO

L’odierno ricorso appare privo di fondamento e, pertanto, deve essere respinto, in quanto gli emolumenti richiamati non possono essere considerati parte del trattamento fondamentale del segretario comunale.
Peraltro, prima di approfondire l’argomento de quo, appare necessario precisare che nei confronti del ricorrente, considerato che è stato collocato a riposo a decorrere dal 1.10.2006, e tenuto conto dell’anzianità di servizio determinata all’atto del collocamento in quiescenza, la liquidazione del trattamento pensionistico è stata effettuata in base al sistema cosiddetto retributivo che, ai sensi del comma 13 dell’art.1 della legge 8 agosto 1995 n. 335, è da applicare a coloro che alla data dell’1 gennaio 1996 possedevano un’anzianità contributiva non inferiore ai diciotto anni. Inoltre, il predetto comma dispone che in tale ipotesi il trattamento pensionistico è liquidato secondo la normativa previgente, nella quale è da ricomprendere l’art. 13 del decreto legislativo n. 503 del 1992, che prevede la determinazione della pensione sulla base delle due quote “A” e “B”.
In particolare, quest’ultima disposizione stabilisce che il calcolo della pensione è determinato dalla somma della cosiddetta quota “A” (relativa alle anzianità contributive maturate fino al 31 dicembre 1992 ) e della cosiddetta quota “B” (relativa alle anzianità contributive acquisite a decorrere dall’1 gennaio 1993).
Ciò vale a dire che la prima parte della pensione (quota A) è calcolata con riferimento alla retribuzione spettante al momento del collocamento a riposo ed all’anzianità maturata al 31 dicembre 1992 (con applicazione, sull’ultima retribuzione, dell’aliquota corrispondente all’anzianità maturata a tale data), mentre la seconda parte (quota B) è determinata sulla base della media delle retribuzioni percepite nel restante periodo, sino alla data di collocamento a riposo (con applicazione della differenza tra l’aliquota corrispondente all’anzianità totale e quella utilizzata per il calcolo della quota A).
Si precisa che la prima quota deve essere calcolata secondo il tradizionale concetto di base pensionabile rappresentato appunto, ai sensi dell’art. 43 del DPR 1092 del 1973, come sostituito dall’art.15 della legge 177 del 1976, dall’ultimo stipendio e dagli assegni o indennità pensionabili integralmente percepiti. Si ricorda che l’ultimo comma dell’art. 43 prevede che “agli stessi fini, nessun altro assegno o indennità, anche se pensionabile, possono essere considerati se la relativa disposizione di legge non ne preveda espressamente la valutazione nella base pensionabile”.
Detta disposizione coesiste nell’ordinamento pensionistico pubblico con la previsione di parametri cui è commisurata la commutabilità in quiescenza degli assegni percepiti dai dipendenti degli enti locali, applicabile al caso di specie. Al riguardo si richiama, appunto, l’art. 15 della l. 1077/1959 (nel testo modificato dall’art. 30 del d.l. 55 del 1983 conv. in l. 131 del 1983), nel quale si prevede che la retribuzione annua contributiva “è la risultante degli emolumenti fissi e continuativi o ricorrenti ogni anno che costituiscono la parte fondamentale della retribuzione corrisposta, ai sensi delle vigenti disposizioni legislative o regolamentari ovvero dei contratti collettivi di lavoro come remunerazione per la normale attività lavorativa richiesta per il posto ricoperto”.
La legge n. 335/1995, allo scopo di armonizzare i diversi ordinamenti pensionistici, ha introdotto, poi, una differente accezione del concetto di pensionabilità, di diretta derivazione dal sistema dell’assicurazione generale obbligatoria gestito dall’INPS. Secondo tale normativa, a far tempo dal 1° gennaio 1996 tutti gli emolumenti corrisposti al lavoratore, ad eccezione di quelli tassativamente indicati nell’art. 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153, sia che attengano al c.d. trattamento fondamentale che a quello accessorio, concorrono a formare la base contributiva e, quindi, correlativamente, quella pensionabile. Ciò ha indubbiamente sancito il definitivo superamento di ogni residuo dubbio circa un possibile collegamento tra differente natura (stipendiale o accessoria) degli emolumenti retributivi e loro pensionabilità o meno: in altre parole, tutte le “voci” percepite dal lavoratore pubblico sono ora valorizzabili in pensione.
Ciò premesso, per quanto attiene alla richiesta formulata dal ricorrente, si osserva che la natura accessoria dei diritti di rogito, dell’indennità di direttore generale (ex art.44 CCNL 16.5.2001) e della maggiorazione della retribuzione di posizione (ex art.41, comma 4, CCNL 16.5.2001) osta alla loro computabilità in quota A. Pertanto, appare legittimo il calcolo operato dall’Inpdap di Firenze, che ha considerato gli emolumenti suddetti nella quota B.
Al riguardo, può osservarsi che nella c.d. quota A sono da considerare, in particolare, ai sensi del primo comma dell’art. 15 della l. n. 1077/59 gli “…emolumenti fissi e continuativi o ricorrenti ogni anno che costituiscono la parte fondamentale della retribuzione corrisposta, ai sensi delle vigenti disposizioni legislative o regolamentari ovvero dei contratti collettivi di lavoro come remunerazione per la normale attività lavorativa richiesta per il posto ricoperto”.
Risulta del tutto evidente che i diritti di rogito, di importo incerto ed eventuale nell’an e nel quantum, non possiedono assolutamente tali indicate caratteristiche, poiché si tratta di quote derivanti dalla riscossione di diritti, dovuti per l’attività di rogito dei contratti dell’Ente, privi del carattere della continuità nel tempo e della fissità nel suo ammontare, trattandosi di somme il cui ammontare è legato al numero dei contratti stipulati.
Per quanto attiene alla indennità di direttore generale, che il ricorrente dichiara di avere percepito nelle ultime due sedi di servizio (i Comuni di Pontassieve e di Figline Val d’Arno), si tratta di emolumenti riconosciuti nella fattispecie solo dal 5.5.1997, data in cui il sig. Pota risulta appunto trasferito nel primo dei due Comuni. Ne consegue che, poiché l’indennità in parola è stata percepita in data successiva al 31.1.1992, deve essere computata in quota B ratione temporis, non rientrando nel trattamento fondamentale, non sussistendo alcuna norma che imponga il suo calcolo in modo diverso nella quota A, come invece è stato previsto per la retribuzione di posizione (art.1 legge 334/97).
Peraltro, si osserva che tale indennità non presenta il requisito della continuità, poiché, come rilevato dall’Inpdap, le funzioni cui è connessa sono a termine, possono essere revocate dalla Giunta Comunale e non possono eccedere la durata del mandato politico.
In particolare, l’art. 44 C.C.N.L. del 16/5/2001, stabilisce: “Al segretario comunale e provinciale, a cui siano state conferite funzioni di direttore generale, ai sensi dell’art. 108 del T.U. n. 267/2000, nell’ente dove svolge le sue funzioni, viene corrisposta in aggiunta alla retribuzione di posizione in godimento una specifica indennità, la cui misura è determinata dall’ente nell’ambito delle risorse disponibili e nel rispetto della propria capacità di spesa”.
Tale emolumento, pertanto, non può essere considerato quale maggiorazione della retribuzione di posizione, bensì come retribuzione aggiuntiva, erogata ad indennizzo delle ulteriori responsabilità, assunte in via temporanea ed in aggiunta a quelle di Segretario Generale del Comune (Corte dei conti Sezione Terza d’Appello 9.11.2005 n.673).
Ritiene questo giudice che le argomentazioni rese dell’INPDAP sulla natura temporanea dell’incarico di direzione, oltre che sulla determinazione variabile da ente ad ente dell’importo, siano sufficienti per escludere l’indennità in questione dalla retribuzione annua contributiva e dall’inserimento nella quota A della pensione, in quanto tali evidenziati aspetti confliggono con il carattere generale, fisso e continuativo che dovrebbe possedere il relativo emolumento quale remunerazione per la normale attività lavorativa ai sensi del richiamato art. 15.
La tesi attorea afferma, inoltre, che, in quanto l’indennità di direzione è corrisposta in aggiunta alla retribuzione di posizione in godimento, ne deve condividere natura e disciplina giuridica. Non si reputa possa essere accolta tale interpretazione, poiché la stessa norma (art. 44 cit.) pone al contrario l’accento sulla specificità dell’indennità in rilievo, che rimane, dunque, distinta dall’altra e ben suscettibile di diversa regolamentazione.
Ciò è confermato dall’art. 43 del C.C.N.L. in rilievo, che prevede : “Ai segretari comunali e provinciali collocati in disponibilità di cui all’art. 19, comma 7, del DPR n. 465/1997, è corrisposto il trattamento economico in godimento presso l’ultima sede di servizio e composto delle seguenti voci:
– trattamento stipendiale di fascia;
– indennità integrativa speciale;
– tredicesima mensilità;
– retribuzione individuale di anzianità, ove acquisita;
– retribuzione di posizione;
– maturato economico, ove spettante
– retribuzione aggiuntiva per sedi convenzionate.
In caso di nomina presso un ente di fascia immediatamente inferiore a quella di iscrizione, il segretario collocato in disponibilità conserva il trattamento economico in godimento previsto dal comma 1. I relativi oneri sono a carico dell’ente di nomina ad eccezione di quelli relativi alla retribuzione di posizione che rimangono a carico dall’Agenzia per la quota corrispondente alla differenza tra quella in godimento e quella prevista per la fascia di appartenenza dell’ente”.
La mancata considerazione dell’indennità di direzione (contemplata nell’articolo 44, successivo a quello ora illustrato) nel trattamento spettante al Segretario in disponibilità (come si desume chiaramente dal secondo comma) ne attesta la diversità rispetto all’indennità di posizione, quest’ultima, invece, rilevante ai fini dell’individuazione del trattamento economico in godimento da conservare.
Da ultimo, anche per quanto riguarda la maggiorazione di posizione questo Giudice ritiene condivisibili le argomentazioni esposte dall’Inpdap. Si tratta di un’indennità da considerare in quota B, in quanto si riferisce solo all’ente che la eroga e non viene riconosciuta nel caso in cui il segretario sia collocato in disponibilità; è corrisposta solo previo accertamento dell’esistenza di condizioni oggettive, quali la complessità funzionale ed il disagio ambientale, ma anche di condizioni soggettive, quali incarichi e progetti speciali (Nota Inpdap n.11 dell’8.2.2006). Tali argomenti appaino senza dubbio sufficienti a far affiorare la natura accessoria dell’emolumento, che, come tale, non può rientrare nella nozione di trattamento fondamentale di cui all’art.15 Legge 1077/59.
Per quanto sin ora argomentato, in conformità alla giurisprudenza formatasi in materia di emolumenti privi dei caratteri di fissità e di continuità previsti dagli articoli 15 della Legge 5 dicembre 1959, n. 1077 e 30 del D.L. 28 febbraio 1983, n. 55, convertito in Legge 26 aprile 1983, n. 131 (Corte dei conti: Sezione giurisdizionale per la Toscana, sentenza n. 709 del 2006; Sezione giurisdizionale per la Regione Friuli Venezia Giulia, sentenza n. 759 del 2005, Sezione III Giurisdizionale n.673 del 2005; anche in ordine agli articoli 16 e 17 della citata Legge 5 dicembre 1959, n. 1077; Sezione III giurisdizionale centrale, sentenze nn. 173 del 2003 e 267 del 2002; Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia, sentenze nn. 1166 e 878 del 2003; Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana, sentenza n. 355 del 2000; Sezione giurisdizionale per la Regione Liguria, sentenza n. 219 del 1998), consegue il rigetto dell’atto di ricorso con compensazione delle spese, in ragione di un principio di equità.

P.Q.M.

la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Toscana, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso n. 56653PC/2006, proposto dal sig. POTA SERGIO.
Compensa le spese di giudizio.
Così deciso in Firenze il giorno 6 febbraio 2008.

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