SENTENZA
(Numero 121/2007/a)
Sull’appello iscritto al n. 24722 del registro di Segreteria proposto dal sig. Luciano Di Lucia, rappresentato e difeso dall’avv. Pierangelo Ladogana, elettivamente domiciliato in Roma, p.za dei Carracci 1 presso l’avv. Vincenzo Dragone, avverso la sentenza n. 107/2004 della Sezione Giurisdizionale Regionale per il Trentino Alto Adige.
Visti gli atti e documenti di causa.
Udito nella pubblica udienza del 6 marzo 2007, il consigliere relatore.
FATTO
Il sig. Di Lucia ed altri, tutti in attività di servizio presso il Commissariato della Polizia di Stato di Rovereto, nel febbraio 2003, chiedevano al Ministero dell’Interno il riconoscimento del diritto, acquisito il 31 dicembre 1997, a transitare in quiescenza secondo il sistema previdenziale antecedente al c.d. “blocco delle pensioni” introdotto dalla legge n. 335/1995 e dal d.l.vo n. 165/1997; nell’invitare l’Amministrazione dell’Interno a considerare l’istanza come mero quesito, rimarcavano che l’istanza stessa non costituiva affatto domanda di collocamento anticipato in congedo.
Contro il silenzio serbato dall’Amministrazione gli interessati, con atto depositato nella segreteria della Sezione territoriale il 16 maggio 2003, proponevano ricorso denunciando errata applicazione ed interpretazione dell’art. 8, comma III del d.l.vo n. 503/1992, dell’art. 13, I e III comma della legge n. 724/1994, dell’art. 8 del d.l.vo n. 165/1997, del d.m. 30.3.1998, del d.l. n. 375/1997, della legge n. 449/1997 nonché illegittimità della circolare del Ministero dell’Interno n. 333/800/9817 del 28.7.1982, chiedendo, altresì, un pronunciamento circa l’accertata e dichiarata “acquisizione in capo ai ricorrenti, alla data del 31 dicembre 1997, delle condizioni e dei requisiti dai quali è sorto il diritto a pensionamento anticipato” nonché la sussistenza del “diritto ad essere collocati in congedo a domanda, con trattamento di quiescenza da corrispondersi secondo l’anzianità contributiva maturata dai medesimi a tutt’oggi”.
La Sezione con la sentenza indicata in epigrafe dichiarava il ricorso inammissibile non avendo i ricorrenti mai presentato istanza di pensionamento.
Avverso la citata sentenza il sig. Luciano Di Lucia, rappresentato e difeso dall’avv. Pierangelo Ladogana, ha proposto il gravame all’esame denunciando:
Violazione di legge, illogicità e contraddittorietà della motivazione, errore nei presupposti, travisamento, carente istruttoria.
Sostiene, infatti, la difesa che la mancata proposizione di domanda di pensionamento era solo dettata da motivi cautelari ad evitare il collocamento a riposo senza erogazione del trattamento pensionistico così come è accaduto in casi similari, ma che comunque la richiesta avanzata nel febbraio del 2003 “non intendeva costituire domanda di pensionamento soltanto per meri motivi cautelari……..Quindi tale richiesta inequivoca di pensionamento anticipato era di fatto subordinata al relativo accoglimento sulla base della normativa vigente nel periodo in esame e con efficacia “ora per allora””.
La difesa, pertanto, reclama il riconoscimento del diritto al pensionamento anticipato del suo assistito al 31.12.1997 sulla base dei requisiti dallo stesso posseduti ai sensi del d.lgs n. 503/1992, da ritenersi ancora in vigore fino al 3 settembre 1997, sia perché non abrogato da alcuna altra legge successiva, sia perché la sospensione dei pensionamenti anticipati disposta dalla legge n. 724/1994 ha operato fino al 30 giugno 1995, termine peraltro prorogato dall’art. 3 del d.l. 30.06.1995 n. 262 al 31.8.1995. La legge n. 335/1995 che ha indicato i nuovi requisiti di età (53) e (37) di anzianità di servizio o 40 anni di contribuzione, non andava applicata, per esplicita previsione normativa, ai militari ed al personale delle forze di Polizia ad ordinamento civile e militare, atteso che, per gli stessi, ai sensi dell’art. 2 comma 23 lett. b) – il Governo era delegato ad emanare norme di armonizzazione del trattamento di quiescenza con i principi ispiratori della legge, prevedendosi, in via transitoria “che fino alla emanazione delle norme delegate, l’accesso alle prestazioni previdenziali per anzianità e vecchiaia previste da siffatti trattamenti è regolato secondo quanto previsto dall’art. 18 comma 8 – quinquies del d.lgs. n. 124/1993 introdotto dall’art. 15 comma 5^ della presente legge”. La delega, poi, è stata introdotta con il d.lgs. n. 165/1997, il cui art. 8 nel disporre che le norme del primo titolo avessero applicazione dal 1 gennaio 1998 ha stabilito che “fino a quella data continuano ad applicarsi le disposizioni dei rispettivi ordinamenti e se più favorevole, quella dell’art. 17 comma 1 della legge n. 724/1994”.
Tale articolo, sostiene la difesa, esaurisce il proprio contenuto nella mera conferma, sino al momento dell’entrata in vigore delle nuove norme (1 gennaio 1998), della normativa precedentemente applicabile, con la sola salvezza della possibilità di usufruire, da parte degli interessati, della nuova aliquota unificata per il calcolo della pensione, se più favorevole…..….. “È necessario, poi, fare riferimento all’art, 17 della legge 724/1994 che andrebbe inteso, secondo il letterale dettato della norma – nel senso di ritenere che ai destinatari delle norme del d.lgs. n. 165/1997 continua ad applicarsi – sino al 1 gennaio 1998 – l’aliquota di rendimento prevista dagli ordinamenti propri dei suoi destinatari, salvo quella introdotta dall’art. 17, se più favorevole.
Inoltre l’art. 59 commi 6,7 e 8 della legge n. 449/1997 ha dettato nuove regole solo per il diritto alla pensione di anzianità (con decorrenza 1 gennaio 1998) mentre nulla ha statuito in ordine al diritto alla pensione anticipata di anzianità, che consente ancora di poter accedere a pensione, pur non avendo maturato i requisiti contributivi e di anzianità anagrafica previsti dallo stesso art. 59 legge citata…”.
A parere della difesa, il Ministero dell’Interno con diverse circolari ha interpretato il confuso quadro normativo di cui alla disciplina transitoria delle pensioni dettata dalla legge 724/1994, dalla legge n. 335/1995 (legge Dini), dal d.lg.vo n. 165/1997 e dal d.l. n. 375/1997 (non convertito in legge), in senso restrittivo per il personale che intendeva inoltrare domanda di pensione.
In buona sostanza le circolari in parola, nel determinare i requisiti richiesti per il raggiungimento della pensione di anzianità, indicano un limite di età anagrafica di 53 anni e un’anzianità contributiva di 37 anni escludendo, di fatto, il diritto al pensionamento anticipato nella convinzione che l’art, 59 commi 6 e 8 della legge n. 449/1997 nonché l’art. 6 comma 1 del d.lgs n. 165/1997 potevano già essere applicati nel periodo 1 settembre 1997 con riferimento all’ultima finestra per decorrenza 31 dicembre 1997 ed ingiungevano che “le domande di pensione che non tengono conto di tali requisiti saranno respinte”.
Tali circolari in un ambiente come quello del Ministero dell’Interno sono considerate quasi alla stregua di ordini militari e naturalmente i destinatari sono assoggettati alla loro osservanza ed immediata esecuzione.
A parere della difesa, l’Amministrazione ha erroneamente ritenuto che dall’entrata in vigore del già citato D.L. n. 375/1997 e fino al 31.12.1997 non potesse applicarsi la disciplina pensionistica prevista dall’art. 8 del D.Lgs. n. 503/1992 considerando, nei fatti, nell’anno 1997, già in vigore le disposizioni contenute nel D.lgs n. 165/1997, applicabile con effetto dal 1 gennaio 1998, per espressa previsione dell’art. 8 che recita testualmente “le disposizioni di cui al presente titolo entrano in vigore dal 1 gennaio 1998” e dell’art. 13 comma 1 della legge 724/1994.
In buona sostanza, la difesa degli appellanti è dell’avviso che fra il 1 luglio 1995 ed il 31 dicembre 1997 al personale delle FF.AA. e FF.PP. doveva applicarsi la disciplina previdenziale in materia di pensione di anzianità e di vecchiaia contenuta nel d.lgs. n. 503/1992.
A sostegno della tesi richiama, ex multis, le sentenze della Sezione giurisdizionale Regione Sardegna n. 223/1998, n. 1060/2001 e della Regione Liguria n. 53/2000 che affermano che “a partire dal 1 luglio 1995 (data di cessazione della vigenza della disposizione di cui all’art. 13, comma 3 della legge n. 724/1974 concernente le deroghe al blocco dei pensionamenti anticipati) e fino al 1 gennaio 1998 (data di entrata in vigore del d.lgv. n. 165/1997) il diritto del personale della Guardia di Finanza (per analogia applicabile al personale delle Forze Armate e di Polizia ad ordinamento civile e militare) al pensionamento anticipato è disciplinato dalla precedente normativa di cui all’art. 8 d.lgv. n. 503/1992 ed ex art. 1 comma 2 ter d.l. n. 384/1992 convertito con modificazioni dalla legge n. 438/92…”.
In conclusione, la difesa ritiene che il diritto al pensionamento anticipato non può considerarsi sorto solo in favore di chi aveva presentato la relativa domanda al 1 settembre 1997, con effetto dal 31.12.1997, ma deve essere riconosciuto anche in favore di chi – come nella fattispecie – aveva i requisiti per la presentazione della domanda (e aveva manifestato l’intenzione di produrla) ma di fatto non l’ha potuta inviare all’Amministrazione per non incorrere nel collocamento in congedo senza erogazione del trattamento di quiescenza. Diversamente opinando si giungerebbe a premiare il comportamento di coloro che non hanno rispettato l’invito formale contenuto nelle circolari del Ministero.
Sostenuto il diritto dell’appellante al collocamento a riposo alla data del 31/12/1997 in applicazione del d. lgs. n. 503/92, la difesa ha insistito sulla giurisdizione della Corte dei conti in merito alla presente controversia e, quindi, sul fatto che il diritto dell’appellante al pensionamento anticipato di anzianità può essere previsto da una sentenza della Corte dei conti individuandone il fondamento normativo, oltre che nell’art. 62 del r.d. n. 1038/1933, anche dall’art. 154 del d.p.r. n. 1092/1973, il quale nel suo primo comma dispone che: “….nei casi di cessazione dal servizio per causa diversa dal raggiungimento del limite di età, il trattamento di quiescenza normale è liquidato dall’ufficio precedentemente indicato in base al provvedimento di cessazione dai servizi…ovvero in base ad una sentenza della Corte dei conti che dichiari essersi verificate le condizioni previste per il diritto a tale trattamento”.
Tutto ciò precisato, ha chiesto:
–che sia accertata e dichiarata l’acquisizione in capo al suo assistito, alla data del 1 settembre 1997 e “ora per allora” del diritto a vedersi riconosciuta la pensione di anzianità;
–che sia dichiarata conseguentemente l’illegittimità e l’annullamento, per contrasto con le norme di legge all’epoca vigenti, delle circolari ministeriali emanate in materia che hanno impedito all’ interessato, a seguito di paventato ed esplicitato rischio di collocamento in congedo senza contestuale erogazione del trattamento pensionistico di anzianità dovuto, di formulare formale istanza di collocamento in congedo;
–che sia dichiarata la sussistenza del diritto ad essere collocato in congedo a domanda, con trattamento di quiescenza da corrispondersi secondo l’anzianità contributiva maturata dall’ appellante a tutt’oggi.
DIRITTO
L’impugnativa proposta avverso la sentenza sopra è priva di giuridico fondamento..
Invero secondo la giurisprudenza contabile, presupposto indefettibile, al fine di poter validamente instaurare un giudizio pensionistico, è l’esistenza da parte dell’Amministrazione di un diniego o di un accoglimento non completamente satisfattivo della richiesta dell’interessato. A tal riguardo, si ritiene sufficiente anche il diniego implicito o il provvedimento negativo implicito, consistente in un comportamento omissivo della P.A. di fronte ad una specifica istanza di parte, rimasta inevasa del tutto o in parte (v. SS.RR., n. 66/C in data 1 luglio 1987).
Inoltre, condizione indispensabile per poter ritenere che l’Amministrazione abbia assunto un provvedimento – anche tacito o implicito – risulta essere la presentazione di una istanza da parte dell’interessato da cui far derivare un dovere giuridico – in capo alla P.A. destinataria – di pronunciarsi.
Nella fattispecie, l’ appellante, per sua stessa ammissione, non ha mai presentato all’Amministrazione di appartenenza alcuna domanda di collocamento in quiescenza; anzi, l’ istanza prodotta alla stessa risulta espressamente qualificate come “mero quesito” e non come domanda di pensione.
La mancata proposizione, in epoca antecedente l’instaurazione del giudizio di primo grado, di apposita richiesta di collocamento in congedo per conseguire il trattamento di quiescenza, pertanto, non poteva che comportare, da parte del giudice territoriale competente, una pronuncia di inammissibilità del ricorso in conformità all’avviso, ampiamente motivato, della costante giurisprudenza delle sezioni giurisdizionali regionali di questa Corte in materia. (cfr. Sez. Giur. Piemonte sentenza n. 140 del 27.4.2005).
Infatti, ai sensi degli artt. 62 del R.D. 12 luglio 1934, n. 1214 e 71, lett. b ) del R.D. 13 agosto 1933, n. 1038, non è ammissibile, sulla materia oggetto del contendere, un ricorso giurisdizionale in assenza di un provvedimento emesso in via amministrativa; ciò, in quanto il giudizio pensionistico presuppone una pronuncia dell’Ente erogatore della pensione, ovvero il silenzio-rifiuto opposto dallo stesso alla puntuale richiesta dell’interessato.
La necessità che la domanda proposta in sede giurisdizionale venga preceduta da una valutazione dell’Amministrazione ( la cui mancanza rende il ricorso non ammissibile ) trova la sua ratio nel fatto che la tutela giurisdizionale in materia pensionistica è rimedio esperibile solo nella misura in cui le pretese del soggetto non sono state condivise dall’Amministrazione cui sono state rivolte.
In sostanza, la norma di cui all’art. 71, lett. b) del R.D. n. 1038/1933 costituisce, al tempo stesso, uno strumento finalizzato a realizzare il principio dell’economia processuale – imponendo alla parte che intende far valere in giudizio una pretesa l’onere di attivarsi prima in sede amministrativa, così che in caso di accoglimento non viene dato corso ad alcun giudizio – ed un mezzo di garanzia volto ad evitare che l’Amministrazione sia convenuta in giudizio quando non ve ne sia effettiva necessità in quanto la pretesa potrebbe essere accolta in via amministrativa.
Tornando alla fattispecie che ne occupa, appare opportuno rimarcare che gli attuali appellanti non solo non hanno prodotto esplicita domanda in sede amministrativa ma, avanzando per la prima volta e direttamente in sede giudiziale la richiesta di collocamento in quiescenza, non hanno neppure dato prova dell’effettiva intenzione di presentarla.
Il quesito posto al Ministero, infatti, come tale, ha soltanto funzione conoscitiva e non operativa ed è carente nell’attualità dell’interesse la cui tutela si intende far valere in sede giurisdizionale. Va aggiunto, inoltre, che il petitum dei ricorrenti non è suscettibile di essere preso in considerazione, anche tenuto conto che tende ad ottenere una sorta di attestazione della sussistenza in *astratto* del diritto a pensione alla data del 31 dicembre 1997, da potersi utilizzare, eventualmente, in seguito, cristallizzando una posizione giuridica di fronte ad eventuali futuri mutamenti della legislazione.
Non è condivisibile, quindi, l’assunto dell’ appellante secondo cui, essendosi determinato un contrasto in merito alla spettanza o meno del trattamento pensionistico in favore dell’ avente diritto, la cessazione dal servizio da parte dello stesso non può costituire condizione necessaria per l’azionabilità del relativo diritto perché, in caso contrario, il soggetto interessato non avrebbero alcuna tutela, in sede giurisdizionale, relativamente al riconoscimento del diritto stesso.
Il Collegio, in proposito, ritiene che anche quando si determina un contrasto interpretativo in merito alla spettanza o meno del trattamento pensionistico, è la domanda di pensionamento che costituisce condizione necessaria per l’azionabilità del relativo diritto ed incardina nella parte l’interesse ad agire, mentre il semplice quesito, inoltrato, per giunta, solo nel 2003, non può dare ingresso ad alcuna tutela giurisdizionale in questa sede mancandone i presupposti. D’altro canto gli addotti “motivi cautelari” – che avrebbero indotto l’ odierno appellante a non presentare istanza di pensionamento – non sono contemplati da alcuna norma quali ragioni derogatorie ai presupposti per l’ammissibilità dei ricorsi; in ogni caso, permaneva, comunque, la revocabilità, entro precisi termini, delle domande eventualmente presentate onde non incorrere in conseguenze non previste al momento della richiesta, sicché l’ “alea” insita nell’istanza di pensionamento non avrebbe assunto un grado di rischiosità insostenibile, essendo rimessa, poi, alla valutazione delle parti la ponderazione dei propri interessi su un eventuale contenzioso alla stregua di quanto avviene nell’interpretazione di qualsiasi norma giuridica.
È da escludere, pertanto, anche la dedotta negazione di tutela nell’applicazione delle norme nel senso specificato.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giustizia.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione Prima Giurisdizionale Centrale, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette
respinge l’appello in epigrafe.
Spese compensate
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del 6 marzo 2007
L’Estensore Il Presidente
(Maria Fratocchi Quaglini) (Giuseppe David)
Depositata in Segreteria 14/05/2007
Il Dirigente
f.to Maria Fioramonti
Stampa il documento Chiudi la finestra