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Amministrativo Enti locali Sentenze

Corte dei Conti, Sez. Giur. I d’Appello, 28 luglio 2008, n. 346

Redazionedi Redazione28 Luglio 2008
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

SENTENZA

nei giudizi di appello, riuniti ai sensi dell’art. 335 del c.p.c., iscritti ai nn. 24107, 24756 e 25534 del registro di Segreteria, proposti rispettivamente:
dal Procuratore regionale presso la Sezione giurisdizionale per la regione Lombardia, nei confronti dei sigg.ri: T. G. F., nato a Desio (Mi) il 17 gennaio 1959, residente in Meda, Via Olona 14; D. S., nato a Sarzana (Sp) il 21 luglio 1936, residente in Meda, Via Cattaneo 19; A.S.M., nato a Milano il 24 maggio 1946, residente in Grigno – località Tezze (Tn), Via Filzi 26; T.M.R., nata a Mariano Comense (Co) il 29 marzo 1962, residente in Meda, Via Indipendenza 78; T. O., nata a Eraclea (Ve) il 19 febbraio 1955, residente in Barlassina (Mi), Via Saba 3; L.R., nato a Milano il 23 settembre 1963, residente in Robbiate (Lc), Via Colleoni 69; M. G., nato a Monza (Mi) il 26 gennaio 1964, residente in Monza (Mi), Via Ferrucci 29; M. G., nato a Santo Stefano di Camastra (Me) il 21 aprile 1948, residente in Lentate sul Seveso (Mi), Via 5 giornate 8/b; C.R.., nato a Catania il 3 luglio 1941, residente in Lurate Caccivio (Co), Via Petrarca 18; M.E., nato a Seregno (Mi) il 6 marzo 1962, residente in Cesano Maderno (Mi), Via Padova 12/b (giudizio n. 24107);
dai sig.ri T. G. F., D. S., A. Stefano, T.M.R., T. O., C.R.., rappresentati e difesi dagli avv.ti Claudio Zanetti ed Alessio Petretti, elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via degli Scipioni n. 268/b (giudizio n. 24756);
dal sig. L.R., rappresentato e difeso dagli avv.ti Claudio Zanetti ed Alessio Petretti, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via degli Scipioni n. 268/b (giudizio n. 25534),

TUTTI AVVERSO

la sentenza n. 467/05 della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la regione Lombardia, resa in data 10 marzo 2005 e depositata il 30 giugno 2005.
Visti gli atti e documenti di causa;
Uditi, nella pubblica udienza del giorno 8 aprile 2008, il relatore Consigliere dott. Piergiorgio Della Ventura, il Pubblico Ministero nella persona del Vice Procuratore Generale dott. Alfonso Tranchino, nonché l’avvocato Alessio Petretti per gli appellanti incidentali;
Ritenuto in

FATTO

Con atto di citazione in data 28 settembre 2004, depositato in data 1° ottobre 2004, la Procura Regionale presso la Sezione Giurisdizionale per la Lombardia conveniva in giudizio gli odierni appellati, amministratori e funzionari del Comune di Meda, per sentirli condannare al pagamento, in favore del Comune di Meda (Mi), della somma di € 70.560,68, in relazione a numerose missioni all’estero effettuate dal giugno 1998 all’aprile del 2002 in esecuzione delle deliberazioni della giunta comunale specificate nel predetto atto introduttivo del giudizio.
In particolare, l’atto di citazione concerneva le seguenti deliberazioni:
1.Deliberazione della Giunta Comunale in data 19 giugno 1998, n. 393, adottata su proposta del Sindaco, con la quale si autorizza la “missione in Cina da parte di alcuni rappresentanti dell’Amministrazione Comunale” per una visita ufficiale a Shangai concordata con il Consolato Cinese dal 26 giugno al 5 luglio 1998, al fine di “trovare nuovi orizzonti per il mercato artigianale medese”. La missione ha comportato un costo complessivo di £. 27.496.500 (€ 14.200,76);
2.Deliberazione della Giunta Comunale in data 22 settembre 1998, n. 520, adottata su proposta del Sindaco, con la quale si autorizza “la partecipazione dell’artigianato medese alla Fiera di Shangai che si terrà nei giorni 5-8 novembre p.v.” su invito delle Autorità pubbliche cinesi. La spesa concerne la realizzazione, a spese del Comune, degli spazi espositivi da utilizzare da parte degli artigiani medesi partecipanti alla fiera, con un costo complessivo di £. 309.607.000 (€ 159.898,67). Con successiva deliberazione G.C. n. 580 del 27 ottobre 1998 si è autorizzata una delegazione composta dal Sindaco e 4 assessori a recarsi in missione in Cina per presenziare alla fiera e partecipare “agli 8/10 incontri con autorità istituzionali già programmati e concordati nonché a recarsi nelle città cinesi desiderosi di incontrare la delegazione del governo locale e di sottoscrivere bozze di accordi generali e parziali da sottoporre successivamente ad esame e ratifica del Consiglio Comunale”;
3.Deliberazione della Giunta Comunale in data 6 aprile 1999, n. 198, con la quale si autorizza la partecipazione del Comune di Meda alla “Fiera dei Due Stretti” di Xiamen (Cina). La deliberazione non prevede oneri in quanto la partecipazione del Comune è stata posta a carico della Regione Lombardia;
4.Deliberazione della Giunta Comunale in data 22 giugno 1999, n. 348, adottata su proposta dell’Assessore agli Esteri, con la quale si autorizza “la partecipazione della Città di Meda alla “Decorhome from Italy ‘99” presso il Palazzo Lombardia che avrà luogo dal 29 giugno al 2 luglio p.v.” e si autorizza la delegazione composta da tre Consiglieri comunali “a recarsi in Cina dal 27 giugno all’8 luglio p.v.”, quindi per un tempo molto maggiore rispetto alla durata della fiera stessa. Dalle fatture agli atti risulta che il Comune ha pagato la Missione in Cina ad una delegazione di 4 persone, anziché le tre deliberate. Una, pertanto, che sembrerebbe essere l’interprete, era priva di autorizzazione. La spesa concerne la realizzazione degli spazi espositivi del Comune e la missione in Cina della delegazione, oltre altra persona al seguito, con un costo complessivo di £. 50.680.750 (€ 26.174,42).
5.Deliberazione della Giunta Comunale in data 3 marzo 2000, n. 75, adottata su proposta del Sindaco, con la quale si autorizza “una delegazione dell’Amministrazione Comunale composta dal Sindaco e da 4 Assessori a recarsi in missione in Norvegia per presenziare agli incontri con esponenti del mondo della politica, della cultura, e dell’imprenditoria norvegese e di sottoscrivere bozze di accordi generali e parziali di scambi economico – culturali – organizzativi – ambientali – tecnologici e sociali di comune interesse delle amministrazioni dei due paesi e successivamente approfonditi dai consiglieri comunali disponibili”. La missione è finalizzata a realizzare un’ampia conoscenza della Norvegia per avviare rapporti di collaborazione e di scambio. La spesa sostenuta ammonta complessivamente a £. 8.671.400 (€ 4.478,40);
6.Deliberazione della Giunta Comunale in data 14 aprile 2000, n. 149, adottata su proposta dell’Assessore agli Esteri ed alla Politica Economica, con la quale si autorizza “la partecipazione della Città di Meda alla Fiera di Parigi che si terrà dal 26 aprile al 8 maggio 2000 nei padiglioni espositivi a Porte de Versailles – Parigi”. Le spese di partecipazione del Comune alla Fiera riguardano l’allestimento dello stand, trasporto, assicurazione, depliants, viaggio, vitto ed alloggio per i rappresentanti del Comune che intervengono alla manifestazione nei giorni 28, 29 e 30 aprile 2000. La delegazione autorizzata è composta dall’Assessore Stefano AVALLONE, proponente la Delibera, e dal Sig. A.B., estraneo all’Amministrazione comunale. La spesa sostenuta ammonta complessivamente a £. 18.413.400 (€ 9.509,73);
7.Deliberazione della Giunta Comunale in data 13 giugno 2000, n. 252, adottata su proposta del Sindaco, con la quale si autorizza lo stesso Sindaco “a recarsi in missione a Madrid i giorni 15, 16, 17, 18 giugno 2000 in occasione della TECMA 2000 – TEM 2000 – Fiera delle tecnologie ambientali – fiera delle attrezzature e servizi per la municipalità”, missione che risulta priva di una qualsiasi giustificazione od utilità. La spesa sostenuta ammonta complessivamente a £. 1.560.000 (€ 805,67);
8.Deliberazione della Giunta Comunale in data 1° settembre 2000, n. 343, adottata su proposta del Sindaco, con la quale si aderisce all’iniziativa, organizzata dalla Regione Lombardia, denominata “Progetto Recife” e si autorizza una delegazione composta dall’Assessore alle Politiche Femminili ed altre due dipendenti del servizio a recarsi a Parigi dal 16 al 21 settembre 2000. La partecipazione all’iniziativa dell’Assessore è finanziata interamente dalla Regione Lombardia, mentre l’Amministrazione Comunale ha sostenuto le spese di missione delle proprie dipendenti. La spesa ammonta complessivamente a £. 2.600.000 (€ 1.342,79);
9.Deliberazione della Giunta Comunale in data 24 ottobre 2000, n. 406, adottata su proposta dell’Assessore agli Esteri ed alla Politica Economica, con la quale si autorizza “una delegazione dell’Amministrazione Comunale composta dal Sindaco, da 2 assessori e dal Segretario Generale del Comune a recarsi in missione a Mosca dal 28 ottobre 2000 al 3 novembre 2000 in rappresentanza della Città di Meda e per presenziare ai seminari ed incontri vari organizzati con esponenti della politica, della cultura, dell’imprenditoria russa e intraprendere scambi economico – culturali – tecnologici e sociali di comune interesse delle amministrazioni dei due paesi”. La missione, autorizzata in occasione della fiera “Byt Italia 2000” organizzata dalla Fiera e dalla C.C.I.A.A. di Milano presso il centro espositivo di Mosca, è finalizzata a realizzare una approfondita conoscenza dei paesi con i quali si vuole dialogare, per avviare rapporti di collaborazione e di scambio per favorire il “tessuto produttivo affastellato di piccole e medie aziende, … attraverso la promozione dell’immagine di Meda all’estero”. Dalla documentazione acquisita risulta che sono state poste a carico del Comune, da parte dell’Assessore Avallone, nei pochi giorni di permanenza a Mosca, ben $ 167 per “Pulman” e “Autobus” e $ 53 per non meglio specificate “Mance”. Inoltre, la spesa effettiva ha superato la capienza del capitolo a ciò destinato, e, di conseguenza, la fattura concernente le spese di viaggio e di soggiorno a Mosca è stata pagata utilizzando i residui di due diversi capitoli di bilancio (mandato n. 557 del 2001: cap. 11533 e n. 551 del 2001: cap. 1133)- La spesa sostenuta ammonta complessivamente a £. 12.450.500 (€ 6.430,15);
10.Deliberazione della Giunta Comunale in data 26 marzo 2002, n. 99, adottata su proposta dell’Assessore agli Esteri, con la quale si autorizza “una delegazione dell’Amministrazione Comunale composta da 3 assessori e dal Segretario Generale del Comune a recarsi in missione a Nuova Delhi e Bombay in India dal 20 al 27 aprile 2002 in rappresentanza della Città di Meda e per presenziare agli incontri vari organizzati con esponenti della politica, della cultura, dell’imprenditoria indiana e intraprendere scambi economico – culturali – tecnologici e sociali di comune interesse delle amministrazioni dei due paesi”. La missione, organizzata dalla Camera di Commercio Indiana per l’Italia, è finalizzata a realizzare una approfondita conoscenza dei paesi con i quali si vuole dialogare, per avviare rapporti di collaborazione e di scambio per favorire il “tessuto produttivo affastellato di piccole e medie aziende, … attraverso la promozione dell’immagine di Meda all’estero”. La spesa sostenuta ammonta complessivamente ad € 18.050,00;
11.Deliberazione della Giunta Comunale in data 10 aprile 2002, n. 127, adottata su proposta dell’Assessore agli Esteri ed alla Politica Economica, con la quale si esprime parere favorevole ad incaricare la Società Lamb di Monte Carlo (Principato di Monaco) “ad effettuare un monitoraggio del mercato monegasco al fine di sostenere nonché realizzare la promozione di aziende medesi e loro associazioni anche per la partecipazione ad una fiera da realizzarsi all’interno del prestigioso “Grimaldi Forum” di Montecarlo con sole aziende medesi”. L’incarico è stato affidato per dare attuazione al programma dell’assessorato proponente, finalizzato “alla promozione ed al sostegno dell’economia imprenditoriale locale con l’obiettivo di diffondere a livello nazionale ed internazionale il nome di Meda, la sua cultura ed economia fondata principalmente nel settore del mobile e dell’arredamento in generale”. La spesa sostenuta ammonta complessivamente ad € 2.500,00;
12.Mandato di pagamento in data 17 gennaio 2002, n. 185, con il quale è stata liquidata, in favore dello Studio Lin Chiu Ling di Perugia, la prestazione di consulenza economico – culturale per il Progetto “EurCina”. La spesa sostenuta ammonta complessivamente ad € 976,10.
Le predette deliberazioni costituivano la concreta attuazione del programma elettorale della giunta concernente la realizzazione di una attività internazionale di promozione delle piccole e medie imprese medesi e dell’artigianato locale. In sostanza, il Comune ha inteso realizzare una autonoma e complessiva politica di promozione dell’immagine di Meda nel mondo finalizzata a sostenere l’internazionalizzazione delle imprese di Meda mediante scambi culturali e socio-economici e la stipulazione di accordi aventi rilevanza internazionale con autorità pubbliche estere, con aiuti diretti alle imprese, mediante l’organizzazione e la partecipazione, a spese del comune, a fiere, mostre ed altre attività all’estero, in paesi anche molto lontani (Cina, India, Russia).
= ° =
In estrema sintesi, le delibere in esame erano state ritenute dal PM attore dannose in quanto autorizzavano spese, poi effettivamente sostenute, inerenti a funzioni di carattere internazionale che esulano a suo avviso dalle competenze attribuite ai comuni, né preceduti da specifica attività di programmazione, che consenta di individuare obiettivi specifici, misurabili ex post, al fine di valutarne il grado di realizzazione, l’efficacia e la congruità degli interventi attuati, elementi che non sono stati preventivamente programmati né successivamente verificati a consuntivo.
Avendo ritenuto prescritta l’azione di responsabilità in ordine alla spesa autorizzata con le deliberazioni della giunta comunale in data 19 giugno 1998, n. 393 ed in data 22 settembre 1998, n. 520, venivano convenuti in giudizio i componenti della giunta che avevano votato a favore delle altre delibere citate, nonché i funzionari che avevano reso parere favorevole ed i segretari comunali che avevano assistito la giunta, ripartendo il danno totale nelle seguenti misure:
1.T. G. F., in qualità di Sindaco proponente alcune delibere e che aveva approvato tutte le delibere esaminate: € 10.207,11;
2.D. S., in qualità di Assessore che aveva approvato tutte le delibere esaminate: € 10.207,11;
3.A.S.M., in qualità di Assessore agli Esteri ed alle Politiche Economiche proponente alcune delibere e che aveva approvato tutte le delibere esaminate: € 10.207,11;
4.T.M.R., in qualità di Assessore che aveva approvato le delibere n. 75/00, 252/00, 343/00, 406/00 e 185/02: € 1.720,28;
5.T. O., in qualità di Assessore che aveva approvato le delibere n. 348/99, 75/00, 149/00, 343/00, 406/00, 99/02, 127/02 e 185/02: € 10.092,02;
6.L.R., in qualità di Assessore che aveva approvato le delibere n. 75/00, 149/00, 343/00, 99/02, 127/02 e 185/02: € 4.925,84;
7.M. G., in qualità di Funzionario che aveva reso parere contabile favorevole a tutte le delibere esaminate e reso anche parere di regolarità tecnica favorevole alle delibere n. 99/2002, 127/2002 e 185/2002: € 10.207,11;
8.M. G., in qualità di Segretario Comunale (Del. 520/98) che aveva reso parere tecnico favorevole alle delibere n. 348/99, 75/00, 149/00, 252/00 e 406/00: € 6.967,58;
9.C.R.., in qualità di Segretario Comunale che aveva assistito alle delibere n. 75/00, 149/00, 252/00, 343/00, 406/00, 99/02, 127/02 e 185/02 e partecipato ad alcune missioni estere quale componente la delegazione comunale: € 5.844,71;
10.M.E., in qualità di Funzionario che aveva reso parere tecnico favorevole alla delibera n. 343/00: € 181,80.
= ° =
Con la sentenza appellata, la Sezione giurisdizionale per la Lombardia ha assolto i convenuti in quanto, premesso che l’analisi delle scelte discrezionali compete al giudice entro i precisi limiti individuati dalla consolidata giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, ha ritenuto la predetta attività estera del Comune di Meda coerente con le competenze attribuite ai comuni in materia di sviluppo economico e, comunque, ha sostenuto che la complessità delle norme che regolano la materia sarebbe tale da fare escludere la sussistenza del requisito della colpa grave nella condotta dei convenuti, che avrebbero adottato le delibere in buona fede. Infine, la sentenza impugnata analizza in modo specifico le singole delibere, riscontrando, per alcune di esse, la specificità dell’oggetto, dal quale si desume una loro funzione non attinente alla generale attività promozionale dell’immagine del comune di Meda nel mondo, con la conseguenza di ritenere congrue anche tali deliberazioni. (Del. n. 75 del 2000, missione ad Oslo; Del. n. 252 del 2000, missione a Madrid; Del. n. 343/2000, missione a Parigi).
= ° =
Non condividendo le conclusioni tratte dalla citata sentenza, il Procuratore regionale ha interposto appello.
Afferma in sostanza l’atto di appello che l’amministrazione con l’attività censurata ha di fatto realizzato una propria politica estera, di commercio estero e di sostegno all’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, esulante dai fini istituzionali dell’amministrazione comunale. Tali funzioni infatti, evidenzia il PM appellante, non sono mai appartenute ai comuni, soprattutto nell’ordinamento vigente prima della modifica costituzionale approvata con L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3, secondo una ripartizione di competenze tra Stato ed Enti locali antica e costante, circostanza che comproverebbe la sussistenza della colpa grave in capo ai convenuti. Rileva inoltre, l’appellante, l’inutilità della spesa sostenuta in quanto priva di una qualsiasi previa programmazione.
= ° =
Più nello specifico, il primo motivo d’appello riguarda l’incompetenza del Comune di Meda a svolgere le funzioni concernenti il commercio estero, il sostegno all’internazionalizzazione delle imprese e l’organizzazione e partecipazione a fiere e mercati esteri e la colpa grave in capo ai convenuti nell’adozione e nella resa di pareri favorevoli delle deliberazioni in esame, estranee ai fini istituzionali dell’ente, che hanno comportato una spesa inutile a carico del Comune.
Viene in altri termini impugnato il capo della sentenza che ha dichiarato la compatibilità delle deliberazioni oggetto del presente giudizio con i fini istituzionali dell’amministrazione comunale, come configurati nell’art. 9 della L. 8 giugno 1990, n. 142, e 13 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, secondo una interpretazione evolutiva di tali norme in ossequio al principio di sussidiarietà disciplinato dall’art. 4 della L. 15 marzo 1997, n. 59, e dall’art. 118, comma 1, Cost., e, comunque, la mancanza di colpa grave in capo ai convenuti, attesa la complessità e l’incertezza del quadro normativo di riferimento (pagg. da 19 a 27 della sentenza impugnata).
Il capo della sentenza impugnata reca secondo il PM appellante un evidente errore di diritto, ove omette di considerare che la distribuzione delle competenze soggiace anche al principio di legalità, secondo il quale le pubbliche amministrazioni sono titolari delle funzioni amministrative espressamente attribuite dalla legge. Inoltre, non distingue tra norme programmatiche, che contengono i criteri vincolanti per la successiva legislazione delegata od ordinaria e che non sono immediatamente precettive (L. n. 59/1997: principio di sussidiarietà; art. 118 Cost.), e specifiche norme di legge che attribuiscono le funzioni individuali. Infine, la sentenza appare all’appellante contraddittoria ove ritiene avvenuta la dislocazione a livello comunale delle funzioni internazionali in esame senza alcuna espressa previsione legislativa, pur riconoscendo il primo Giudice che il principio di devoluzione amministrativa trova precisi limiti normativi.
Osserva l’atto di appello che la corretta attuazione di tali principi ha condotto la dottrina e la giurisprudenza pressoché unanimemente a ritenere che le funzioni dei comuni nelle materie indicate nella L. n. 142/1990 e nel D.Lgs. n. 265/2000 non sono “generali” in assoluto, ma solo “tendenzialmente generali”.
È pacifico, sempre per l’appellante, che la legislazione precedente alle citate L. n. 439/1989 e, soprattutto, alla L. n. 59/1997 riservava ai comuni esclusivamente le funzioni amministrative specificatamente loro trasferite e le funzioni aventi rilievo internazionale erano riservate allo Stato, e, nella misura espressamente indicata dalla legge (attività promozionali all’estero) alle Regioni: DD.PP.RR. n. 7/1972 e n. 616/1977.
A comprova che solo alle regioni, e non ai comuni, sono state trasferite dai citati D.P.R. le funzioni concernenti la promozione all’estero nelle materie di competenza, osserva l’appello che il D.P.R. 31 marzo 1994, “Atto di indirizzo e coordinamento in materia di attività all’estero delle regioni e delle province autonome” ha disciplinato le relative attività coordinandole con l’attività estera del Governo. In argomento, ricorda ancora, la Corte costituzionale ha chiarito che “allo Stato rimangono sempre riservati gli indirizzi di politica estera e la valutazione degli interessi del Paese in questo settore, tanto con riferimento alle attività promozionali in materie di competenza regionale, quanto per le attività di mero rilievo internazionale delle regioni stesse. In conformità di tale principio si è sempre affermata la necessità che lo Stato sia messo in grado di apprezzare, attraverso gli strumenti dell’intesa o dell’assenso, se le iniziative di competenza regionale che toccano la sfera estera siano o meno in contrasto con gli indirizzi di politica internazionale, rimessi alla competenza statale” (Corte Cost., Sent. 12 settembre 1995, n. 425). Dunque, il D.P.R. 31 marzo 1994 disciplina il rapporto tra le linee di politica estera nazionale e le attività di rilievo internazionale delle regioni, e non degli altri enti locali, perché solo le regioni hanno tali competenze, attribuite dal citato art. 4 del D.P.R. n. 616/1977. La Procura, in proposito, evidenzia che nessuna attività di promozione all’estero svolta dal Comune di Meda con le delibere in esame è mai stata neppure comunicata al Governo, con palese violazione del citato D.P.R. 31 marzo 1994.
Tale quadro istituzionale non sarebbe stato modificato né dalla L. n. 439/89 (ratifica della convenzione europea relativa alla Carta europea dell’autonomia locale), che non trasferisce alcuna funzione agli enti locali, né dagli artt. 2 e 9 della L. n. 142/1990; tale ultima norma, per il PM appellante, attribuisce ai comuni una competenza solo “tendenzialmente” generale, realizzando così una norma di chiusura dell’ordinamento, in quanto limita tali attribuzioni alla diversa volontà legislativa: “… salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze”. L’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 9 della L. 142/1990 – poi riprodotto nell’art. 13, comma 1, del D.Lgs. n. 267/2000 – esclude cioè espressamente un trasferimento indistinto ed automatico di quelle materie, e le funzioni che la legge attribuisce ad altri soggetti rimangono ad essi intestate.
Poiché, allora, le funzioni aventi rilievo internazionale nella materia dello sviluppo economico non sono mai state trasferite ai comuni, ma risultano espressamente intestate allo Stato, ai suoi enti ausiliari (ICE) ed, entro i limiti stabiliti, alle regioni, ne consegue per il Requirente che per escludere la competenza del comune all’esercizio delle funzioni di promozione all’estero, commercio estero, fiere e mercati all’estero e sostegno all’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese non occorre che vi sia una legge statale che espressamente vieti tali attività ai comuni, né che riservi “esclusivamente” tali funzioni ad altri soggetti, come erroneamente ritenuto nella sentenza impugnata, ma semplicemente che la legge attribuisca espressamente tali funzioni ad altri soggetti istituzionali, e non ai comuni.
Il descritto quadro di riferimento, per l’attore, non muta né con l’entrata in vigore dell’art. 4 della L. n. 59/1997, né con la modifica all’art. 118 Cost., sostituito con L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3, norme non aventi carattere immediatamente precettivo, né con la L. 5 giugno 2003, n. 131, successiva alle condotte esaminate, che comunque confermerebbe il descritto assetto istituzionale.
La lettura sistematica della citata L. n. 59/1997 consentirebbe di escludere qualsiasi effetto devolutivo immediato di nuove funzioni ai comuni, senza l’ulteriore e necessaria legislazione regionale di attuazione (art. 4, comma 1, per le materie previste dal previgente art. 117 Cost.) e, per le altre materie, senza la legislazione delegata statale (art. 4, comma 2). Infatti, la legge stessa è intitolata “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali …”, disciplinando l’oggetto della delega ed i criteri direttivi vincolanti per il legislatore delegato e per la legislazione regionale.
L’art. 1, comma 2, della legge n. 59/1997 dispone che “sono conferite alle regioni e agli enti locali, nell’osservanza del principio di sussidiarietà di cui all’art. 4, comma 3, lettera a), della presente legge, anche ai sensi dell’art. 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142, tutte le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi e alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunità, nonché tutte le funzioni e i compiti amministrativi localizzabili nei rispettivi territori in atto esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrali o periferici, ovvero tramite enti o altri soggetti pubblici”.
La sentenza appellata, lamenta la Procura attrice, non solo ritiene tale norma di immediata applicazione, quale espressione di una immediata ed indifferenziata attribuzione di qualsiasi funzione agli enti locali, quindi anche ai comuni, ma la riconduce anche alla clausola di salvaguardia contenuta nell’art. 1, comma 4, del D.Lgs. n. 112/1998, ritenendola norma di attribuzione di funzioni ai comuni che non può essere derogata dallo stesso D.Lgs.. Ciò costituirebbe un evidente difetto logico nella motivazione della sentenza, che ritiene esaurito, nell’ambito della stessa legge di delega, l’intero potere delegato al governo: poiché la legge di delega avrebbe già attribuito agli enti locali tutte le funzioni, anche di rilievo internazionale, nella materia dello sviluppo economico (e questa è ovviamente entrata in vigore prima del decreto delegato), il decreto delegato non potrebbe disciplinare le funzioni riservate allo Stato dalla stessa legge di delega.
La sentenza, per l’appellante, fonda la propria motivazione sull’errato presupposto dell’immediata precettività della norma, che, al contrario, deve essere esclusa.
Innanzi tutto, per l’appellante, se l’art. 1, comma 2, in esame avesse voluto dare immediato carattere precettivo al principio di sussidiarietà disciplinato dall’art. 4, comma 3, lettera a) della L. n. 59/1997, considerandolo quale automatica ed immediata attribuzione agli enti locali di tutte le funzioni, il successivo decreto legislativo sarebbe stato inutile. Le disposizioni recate dagli artt. 1, comma 2, e 4, comma 3, lett. a) della L. n. 59/1997 non potrebbero dunque che essere principi e criteri direttivi rivolti al legislatore delegato ed alla legislazione regionale di attuazione e non immediatamente applicabili, anche perché necessitano di un contemperamento, ad opera del legislatore delegato, con gli altri principi contenuti nello stesso art. 4, aventi pari dignità e confliggenti con il principio di sussidiarietà, es il principio di efficienza e quello di economicità – le funzioni di rilievo internazionale non potrebbero essere attribuite singolarmente ai comuni in quanto tali – e con il principio di adeguatezza contenuto nei citati art. 4, comma 3, lett. g), “in relazione all’idoneità organizzativa dell’amministrazione ricevente a garantire, anche in forma associata con altri enti, l’esercizio delle funzioni”.
L’appellante richiama anche l’art. 1, comma 6 della L. n. 59/1997, ai sensi del quale la promozione dello sviluppo economico costituisce interesse primario che lo Stato, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti locali assicurano “nell’ambito delle rispettive competenze”: spetta la legislatore delegato ed a quello regionale individuare in concreto le competenze di ciascuno, secondo i principi ed i criteri direttivi della legge di delega. Ancora, l’art. 4, comma 1, dispone che “nelle materie di cui all’art. 117 della Costituzione, le regioni, in conformità ai singoli ordinamenti regionali, conferiscono alle province, ai comuni e agli altri enti locali tutte le funzioni che non richiedono l’unitario esercizio a livello regionale”: appare evidente al PM che la valutazione di ciascuna singola funzione da conferire ai diversi livelli di enti locali territoriali compete al legislatore regionale, senza che la L. 59/1997 in esame abbia in concreto operato alcun nuovo, immediato ed automatico trasferimento di funzioni.
Non viene pertanto condivisa dall’appellante la motivazione della sentenza appellata ove, a pag. 22 e 23, interpreta l’art. 1, comma 2, della L. n. 59/1997 quale immediata attribuzione delle funzioni amministrative di rilievo internazionale ai comuni, e non quale norma di principio per il legislatore delegato o regionale.
Né, sempre per parte appellante, ai comuni sono state attribuite competenze in ordine alle funzioni amministrative di rilievo internazionale nel settore organico dello sviluppo economico dal D.Lgs. n. 112/1998, o dalla L.R. 5 gennaio 2000, n. 1, di attuazione dell’art. 4 della L. n. 59/1997.
Infatti, evidenzia l’appello, il D.Lgs. n. 112/1998 non solo non ha trasferito ai comuni le funzioni in esame, ma, al contrario, le ha espressamente riservate allo Stato o alle Regioni (artt. 1, 14, 18, 19, 23, 41), e in particolare attribuisce alle Regioni, e non ai Comuni, le funzioni relative “all’organizzazione ed alla partecipazione a fiere, mostre ed esposizioni organizzate al di fuori dei confini nazionali per favorire l’incremento delle esportazioni dei prodotti locali, anche con la stampa e la distribuzione di pubblicazioni per la relativa propaganda” ed “alla promozione ed al sostegno finanziario, tecnico – economico ed organizzativo di iniziative di investimento e di cooperazione commerciale ed industriale da parte di imprese italiane” (art. 48).
Per quel che riguarda la normativa regionale lombarda in materia, l’art. 2 della L.R. 5 gennaio 2000, n. 1, attribuisce alla Regione, e non ai comuni, nella materia dell’artigianato, le funzioni relative alle “iniziative per l’organizzazione di mostre ed esposizioni, anche al di fuori dei confini nazionali, per favorire l’incremento delle esportazioni del prodotto artigiano”, delegando ai Comuni solo le funzioni concernenti “la localizzazione e la rilocalizzazione, la realizzazione e la riqualificazione di insediamenti artigiani, nonché il recupero di fabbricati adibiti ad attività produttive”; nella materia dell’industria attribuisce alla Regione, e non ai Comuni, “la concessione di agevolazioni, contributi, sovvenzioni, incentivi e benefici di qualsiasi genere all’industria, compresi quelli per le piccole e medie imprese” … “gli interventi a sostegno dello sviluppo delle commercializzazioni”, attribuendo ai Comuni solo le funzioni concernenti “il rilascio delle concessioni o delle autorizzazioni per la realizzazione, l’ampliamento, la cessazione, la riattivazione, la localizzazione e la rilocalizzazione di impianti produttivi” e “la realizzazione, l’ampliamento e la riqualificazione delle aree industriali e delle aree ecologicamente attrezzate, nonché la gestione dei servizi delle aree stesse”. La norma, infine, riserva alla Regione le funzioni concernenti “il sostegno allo sviluppo dell’internazionalizzazione delle imprese; l’adozione di strumenti finalizzati a favorire l’incremento delle esportazioni dei prodotti locali e dei flussi turistici dall’estero; … all’organizzazione e alla partecipazione a fiere, mostre ed esposizioni organizzate al di fuori dei confini nazionali; … alla realizzazione di iniziative, eventi e manifestazioni promozionali a favore delle imprese industriali e turistiche lombarde; … la promozione ed il sostegno finanziario, tecnico – economico ed organizzativo di iniziative di penetrazione commerciale, di investimento e di cooperazione commerciale ed industriale da parte di imprese lombarde”, stabilendo che la Regione può stipulare convenzioni con le C.C.I.A.A. per “la realizzazione di iniziative volte a promuovere lo sviluppo dell’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese; la realizzazione di azioni integrate a favore dell’incremento delle esportazioni dei prodotti delle imprese e più in generale della valorizzazione all’estero dei vari settori dell’economia lombarda … l’organizzazione di partecipazioni collettive a manifestazioni fieristiche all’estero”.
Dall’esame della normativa citata si evince pertanto, ad avviso dell’appellante PM, che le funzioni di promozione all’estero, sostegno all’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese ed, in generale, di commercio estero svolte dal Comune con le deliberazioni indicate, sono state esercitate dal Comune di Meda in totale ed insanabile assenza di competenza, fatto che avrebbe reso la relativa spesa intrinsecamente dannosa, non potendo arrecare alcun vantaggio alla comunità amministrata in quanto è la stessa legge statale e regionale a ritenere inadeguato il livello territoriale comunale, assegnando queste funzioni allo Stato ed, in misura minore, alle Regioni.
Osserva poi il PM che gli stessi articoli 9 della L. n. 142/1990 e 13 del D. Lgs.vo n. 265/2000, espressamente limitano il carattere generale delle competenze locali con la clausola “salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze”.
A chiusura delle proprie argomentazioni, osserva parte appellante che neppure dopo la modifica dell’art. 117 della Costituzione e l’entrata in vigore della L. 5 giugno 2003, n. 131 (disposizioni tutte successive alle condotte in giudizio), i Comuni hanno assunto funzioni nella materia degli affari esteri, commercio estero ed internazionalizzazione delle imprese. Infatti, l’attuale art. 117, comma 3, Cost. attribuisce alla legislazione concorrente la materia dei “rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero” e si prevede che “Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato” (art. 117, comma 9, Cost. e art. 6 L. n. 131 del 2003). Quindi, i Comuni non sarebbero legittimati a stipulare atti internazionali o di rilievo internazione nemmeno con gli enti territoriali interni degli altri Stati; è pertanto ritenuta irrilevante l’osservazione, contenuta a pag. 23 della sentenza appellata, che le iniziative del Comune concernevano rapporti con comuni esteri, e non con le nazioni.
La diseconomicità dell’azione amministrativa condotta, di cui il PM regionale chiede l’integrale risarcimento, coincide, pertanto, con la non appartenenza di dette funzioni ai fini istituzionali dell’amministrazione comunale.
La colpa grave dei convenuti risiede, secondo l’appellante, nel fatto che le norme esaminate (L. n. 59/1997, D.Lgs. n. 112/98 e L.R. n. 1/2000) hanno semplicemente confermato, nella materia in esame, l’assetto istituzionale e le competenze come disciplinate nel previgente e tradizionale ordinamento amministrativo, risalente, quanto meno, al 1972, con la conseguenza che qualsiasi condotta difforme avrebbe dovuto essere realizzata previa attenta valutazione delle novità erroneamente ritenute introdotte, ed una approfondiva valutazione e programmazione delle azioni da intraprendere.
Con il primo motivo d’appello il Procuratore chiede, pertanto, che questa Sezione centrale dichiari l’incompetenza assoluta del Comune in ordine alle funzioni di rilievo internazionale esercitate, con la condanna degli appellati al risarcimento del conseguente danno corrispondente alla spesa sostenuta, priva di qualsiasi utilità in quanto la legge affida tali funzioni allo Stato ed alle Regioni, sussistendo i requisiti della illiceità della condotta, del nesso di causalità tra le condotte illecite ed il danno sofferto dal comune e l’elemento soggettivo della colpa grave, stante la ritenuta univocità del sistema normativo violato, vigente da parecchi decenni.
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Con il secondo motivo di appello il Procuratore regionale impugna il capo della sentenza con il quale, disattendendo le richieste contenute nell’atto di citazione, la Sezione giurisdizionale lombarda ha ritenuto congrue le iniziative estere in contestazione, anziché irrazionali e prive di una qualsiasi utilità in quanto mancati di una previa specifica programmazione dei singoli interventi; è stato ritenuto al riguardo sufficiente, ai fini di una adeguata programmazione, la loro assunzione sulla scorta del programma strategico e degli indirizzi generali di governo presentati dal Consiglio nella seduta del 15.12.1992 e il fatto che le relative spese erano presenti nei bilanci di previsione degli esercizi finanziari dal 1998 al 2002, in cui compariva, dal 1998, un apposito capitolo 3580 afferente “iniziative di promozione all’estero della realtà commerciale locale”. È lamentata, inoltre, l’errata applicazione, nel caso in esame, dei principi in ordine ai limiti esterni della giurisdizione innanzi alla Corte dei Conti, concernenti l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali.
Secondo l’appellante la sentenza impugnata, dopo avere correttamente enunciato i limiti posti al giudice contabile nell’esame delle scelte discrezionali, non li ha poi applicati al caso concreto, ritenendo la congruità delle delibere pur in assenza di una specifica programmazione, che individuasse in modo formale ed analitico gli obiettivi da realizzare, valutabili ex ante e misurabili ex post, secondo il necessario processo logico e gestionale della programmazione, che si compone della previa individuazione degli obiettivi e dei mezzi per realizzarli, quindi della conseguente verifica e misurazione del raggiungimento, in concreto, degli obiettivi precedentemente fissati. In sostanza, sempre per il PM, l’attività discrezionale compiuta in assenza di una qualsiasi programmazione, da riferirsi a ciascun intervento di rilievo internazionale realizzato, e quindi in assenza di una qualsiasi predeterminazione di obiettivi specifici e dei mezzi predisposti, è sempre irrazionale ed incongrua, in quanto risulta non valutabile ex ante né misurabile ex post.
Le stesse motivazioni contenute nelle deliberazioni interessate, osserva il PM attore, assumono la consistenza di mere clausole di stile, sempre identiche (“Ritenuto di procedere all’apertura di nostre relazioni diplomatiche per scambi culturali, economici, gestionali, ambientali con la realtà norvegese …”; opp. “Visto che si rende necessario avviare rapporti di collaborazione e di scambio, che implica la conoscenza approfondita dei paesi con i quali si vuole dialogare, conoscenza che non può essere limitata esclusivamente ad un settore ma che deve cogliere più aspetti possibili di realtà …”): risulterebbe allora difficile individuare la specifica funzione istituzionale che giustificava l’intervento estero realizzato, se non quello di dare attuazione ad autonome e generali politiche estere e di commercio estero.
Osserva il PM appellante che la stessa attività istruttoria compiuta in proposito, diretta anche a valutare se sussistessero vantaggi comunque conseguiti dalla comunità amministrata, ha evidenziato la completa assenza, desumibile dagli atti ufficiali, di una qualsiasi forma di programmazione degli interventi realizzati, circostanza che integrerebbe la totale irrazionalità ed abnormità delle funzioni estere svolte sia rispetto ai fini istituzionali dell’ente sia in relazione alla corretta gestione di funzioni discrezionali e di valutazione della utilità della spesa; di talché, il PM espressamente impugna con il presente motivo di appello, anche la parte della sentenza che ritiene non raggiunta la prova del danno, inteso come mancato ritorno economico dei viaggi per le imprese locali (pag. 16). A tale riguardo, il Procuratore lamenta anche che la sentenza appellata ha negato valenza probatoria del fatto negativo dell’assenza di programmazione alla documentazione istruttoria depositata e, contemporaneamente, assunto quale prova positiva di utilità della spesa sostenuta le generiche lettere depositate dai convenuti, e che sarebbero state compilate ad hoc per l’udienza, provenienti dai personali beneficiari delle missioni all’estero (sentenza, pag. 16 e 17).
La sentenza confonderebbe, inoltre, la necessità di una adeguata programmazione, che doveva supportare e giustificare ciascun singolo intervento all’estero realizzato, di cui dovevano essere preventivamente individuati specifici e misurabili obiettivi da conseguire, formalmente assunti con individuale e specifica motivazione contenuta nelle singole deliberazioni in esame, con gli atti di programmazione generale del comune (bilancio di previsione e PEG) e con la copertura finanziaria della spesa sostenuta: la distinzione tra specifici atti di indirizzo e programmazione e programmazione generale del comune (espressamente disciplinata dall’art. 9 dello statuto di Meda) indica che la funzione di indirizzo e programmazione non si esaurisce nel bilancio, ma riguarda le specifiche materie. La razionalità, la congruità e la conformità della spesa concernente ciascun individuale intervento estero realizzato rispetto ai fini istituzionali dell’ente ed agli obiettivi prefissati non può essere positivamente valutata sulla scorta di generiche affermazioni contenute nel generale documento di programmazione costituito dal bilancio, ma deve realizzarsi per mezzo di specifici atti di programmazione, che fissino, per ciascun intervento da realizzare, precisi obiettivi quantificabili e misurabili: attività che sarebbe stata totalmente pretermessa ed in carenza di atti di indirizzo del Consiglio comunale.
La stessa previsione di un capitolo di bilancio al quale imputare la spesa per le missioni all’estero, e la relativa copertura finanziaria, non renderebbe legittima una spesa illegittima né potrebbe sopperire alla totale assenza di programmazione.
La totale assenza di programmazione delle attività estere realizzate, costituisce per il PM sicuro indice di gravità della colpa dei convenuti per le condotte rese, macroscopicamente devianti sia dalle tradizionali competenze del comune (primo motivo d’appello) sia dai più elementari canoni di sana e corretta gestione.
Con il secondo motivo d’appello il PM attore chiede, pertanto, che, in riforma della sentenza impugnata, questa Sezione accerti l’irragionevolezza, l’incongruità, l’abnormità e la completa inutilità delle delibere indicate, condanni gli appellati al risarcimento del conseguente danno corrispondente alla spesa sostenuta, priva di qualsiasi utilità, sussistendo gli ulteriori requisiti della illiceità della condotta, del nesso di causalità tra le condotte illecite ed il danno sofferto dal comune e l’elemento soggettivo della colpa grave, per la palese assenza di una qualsiasi specifica programmazione degli interventi all’estero realizzati e l’accertata inutilità della spesa.
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Con il terzo motivo d’appello il Procuratore regionale lamenta l’errata valutazione dei fatti che configurano, nel loro complesso, una complessiva ed autonoma politica di sostegno all’internazionalizza-zione delle imprese, di commercio estero e di rilievo internazionale.
Osserva in proposito che la giurisprudenza che ha riconosciuto la legittimità delle missioni all’estero dei comuni ha sempre riguardato missioni individuali, originate da esigenze specifiche e peculiari, e mai un insieme organico di attività di rilievo estero realizzate allo scopo di perseguire una complessiva politica di sviluppo dell’economia attraverso il sostegno all’internazionalizzazione delle imprese, la partecipazione delle stesse a fiere e mostre estere a spese del comune e, in definitiva, la realizzazione di una autonoma politica di commercio estero e di rilievo internazionale.
In particolare, la Sezione lombarda avrebbe erroneamente ritenuto che tre deliberazioni, quelle che hanno autorizzato le missioni in Francia per partecipare al “Progetto Recife” (Del. n. 343/2000), l’invio di una delegazione comunale ad Oslo per indagini all’interramento delle Ferrovie Nord (Del. n. 75/2000) e quella che autorizza il sindaco a recarsi a Madrid, unitamente a rappresentanti della Meda servizi S.p.a., per partecipare ad una fiera in materia di tecnologie ambientali (Del. 252/2000) esulino dalle finalità promozionali comuni alle altre deliberazioni (Sentenza appellata, pag. 15 e 16).
Al contrario, per il PM appellante anche queste missioni all’estero trovano la loro giustificazione sostanziale, al pari delle altre, di fare conoscere l’immagine di Meda nel mondo, utilizzando qualsiasi occasione che permetta una qualunque forma di presenzialismo, come del resto sarebbe facilmente desumibile dalla semplice lettura delle motivazioni dei provvedimenti stessi, da cui emergerebbe una totale irrazionalità, inadeguatezza e difetto di programmazione, oltre all’inadeguatezza dei mezzi rispetto ai fini.
La lettura delle deliberazioni e della documentazione a supporto depositata, renderebbe evidente sia la non appartenenza delle funzioni estere esercitate ai fini istituzionali del Comune (primo motivo d’appello), sia la totale irrazionalità ed inutilità delle scelte operate, in mancanza di una qualsiasi programmazione dei singoli interventi esteri realizzati (secondo motivo d’appello), sia la completa inutilità delle deliberazioni, anche considerate partitamene (terzo motivo d’appello), atteso che da tutta la documentazione acquisita non si potrebbe comprende né l’oggetto né il significato né nulla delle deliberazioni citate, che hanno cagionato, ritiene il PM appellante, una inutile spesa a carico dei cittadini di Meda.
Risulterebbe difficile, per l’appellante, trovare anche una parvenza di localizzabilità degli interessi che si sarebbero voluti perseguire nella motivazione che autorizza, ad esempio, la missione ad Oslo, sopra citata, considerato che dalla motivazione non è dato comprendere quali interessi o funzioni in concreto il Comune abbia voluto svolgere. Proprio la generalità di materie, interessi, funzioni, attività ed attitudini socio – culturali menzionate in motivazione, prosegue il PM, porta alla conclusione che la funzione che si è realmente voluto perseguire è quella di intrattenere relazioni diplomatiche aventi contenuti generali con le autorità del paese di volta in volta prescelto; funzione internazionale di affari esteri e di commercio estero intesa in senso così ampio, da perdere qualsiasi riferibilità alla comunità locale amministrata. Analoghe disposizioni recano le deliberazioni che autorizzano la missione in Russia, in India, ecc….
Si sarebbe trattato, insomma, della gestione – oltre i fini istituzionali dell’ente, non programmata, irrazionale e inutile – di una autonoma politica estera e di commercio estero, senza alcun raccordo né con il Governo né con la Regione ed al di fuori di qualsiasi programma realizzato dai soggetti istituzionali competenti. Ciò renderebbe ragione della fondatezza dell’azione esercitata e dell’ingiustizia ed erroneità della sentenza appellata.
A tutto ciò la Procura appellante aggiunge che – oltre ad avere comportato spese che esulano dai fini istituzionali del Comune – le missioni in esame sono anche state gestite in modo approssimativo, senza alcun riguardo dei soldi dei cittadini medesi, come dimostrerebbero le singole spese documentate concernenti i giorni trascorsi all’estero. Ad es. per la missione a Mosca (Del. n. 406/2000), sarebbe incomprensibile come un assessore possa spendere ben $ 167 per “Pulman” e “Autobus” in una sola settimana; sempre in relazione a tale missione è stata riscontrata l’omessa rendicontazione o restituzione degli anticipi di missione ricevuti dal sindaco e dagli assessori.
Anche tali circostanze sarebbero sicuri indici di colpa grave della condotta illecita dei convenuti.
In accoglimento del terzo motivo di appello, il PM chiede dunque che, in riforma della sentenza impugnata, questa Sezione centrale, accertata l’irragionevolezza, l’incongruità, l’abnormità e la completa inutilità delle delibere indicate nella precedente esposizione in fatto, condanni gli appellati al risarcimento del conseguente danno corrispondente alla spesa sostenuta, priva di qualsiasi utilità, sussistendo gli ulteriori requisiti della illiceità della condotta, del nesso di causalità tra le condotte illecite, il danno sofferto dal comune e l’elemento soggettivo della colpa grave, in ragione della palese assenza di una qualsiasi specifica programmazione degli interventi all’estero realizzati e dell’inutilità della spesa relativa.
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Il danno totale, per il quale l’appellante chiede la condanna dei convenuti, in accoglimento dei proposti motivi d’appello ed in riforma della sentenza impugnata, ammonterebbe ad € 70.560,68, da imputare a ciascuno degli appellati nelle seguenti misure, in ragione del rispettivo apporto causale alla realizzazione del danno medesimo:
1.T. G. F., in qualità di Sindaco proponente alcune delibere e che ha approvato tutte le delibere esaminate: € 10.207,11;
2.D. S., in qualità di Assessore che ha approvato tutte le delibere esaminate: € 10.207,11;
3.A.S.M., in qualità di Assessore agli Esteri ed alle Politiche Economiche proponente alcune delibere e che ha approvato tutte le delibere esaminate: € 10.207,11;
4.T.M.R., in qualità di Assessore che ha approvato le delibere n. 75/00, 252/00, 343/00, 406/00 e 185/02: € 1.720,28;
5.T. O., in qualità di Assessore che ha approvato le delibere n. 348/99, 75/00, 149/00, 343/00, 406/00, 99/02, 127/02 e 185/02: € 10.092,02;
6.L.R., in qualità di Assessore che ha approvato le delibere n. 75/00, 149/00, 343/00, 99/02, 127/02 e 185/02: € 4.925,84;
7.M. G., in qualità di Funzionario che ha reso parere contabile favorevole a tutte le delibere esaminate e che ha reso anche parere di regolarità tecnica favorevole alle delibere n. 99/2002, 127/2002 e 185/2002: € 10.207,11;
8.M. G., in qualità di Segretario Comunale (Del. 520/98) e Funzionario che ha reso parere tecnico favorevole alle delibere n. 348/99, 75/00, 149/00, 252/00 e 406/00: € 6.967,58;
9.C.R.., in qualità di Segretario Comunale che ha assistito alle delibere n. 75/00, 149/00, 252/00, 343/00, 406/00, 99/02, 127/02 e 185/02 ed ha partecipato ad alcune missioni estere quale componente la delegazione comunale: € 5.844,71;
10.M.E., in qualità di Funzionario che ha reso parere tecnico favorevole alla delibera n. 343/00: € 181,80.
Viene chiesta, inoltre, la condanna di tutti alla rivalutazione monetaria, interessi e spese di giudizio.
= ° =
Avverso la medesima decisione di primo grado, i convenuti assolti in primo grado hanno proposto due distinti appelli incidentali subordinati (nn. 24756 e 25534, sopra ricordati), di contenuto del tutto analogo.
Gli interessati, nella denegata ipotesi di accoglimento dell’appello principale della parte pubblica, chiedono la riforma del capo della sentenza con il quale il primo giudice ha respinto, sulla base della tempestiva notifica dell’invito a dedurre, l’eccezione di prescrizione formulata dai convenuti, con riferimento al presunto danno conseguente alla delibera n. 348 del 1999. Motivano tale doglianza sul fatto che l’invito a dedurre, atto stragiudiziale, non sarebbe idoneo ad interrompere il termine di prescrizione perché avrebbe presupposti e finalità diverse da un atto di messa in mora ed in quanto il legislatore non ha espressamente attribuito tale efficacia al suddetto atto proveniente dal P.M.; la relativa questione dovrebbe ritenersi, sempre ad avviso degli appellanti, ancora controversa in giurisprudenza.
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Nelle proprie conclusioni, recentemente depositate (anch’esse analoghe per entrambi gli appelli incidentali), la Procura generale ha eccepito, in primo luogo, l’inammissibilità degli appelli incidentali medesimi, perché notificati e depositati tardivamente presso la segreteria di questo Giudice, in violazione delle previsioni di cui all’art. 1, c. 5-bis della legge n. 19 del 1994 (cita Corte dei conti, Sezioni riunite, n. 9 del 14/6/2000). Infatti, rileva, l’appello del Procuratore regionale è stato notificato agli attuali appellanti incidentali in data 3 ottobre 2005, mentre questi ultimi hanno notificato il proprio gravame in data 10 dicembre 2005 (appello n. 24756) e 3 marzo 2006 (n. 25534), dunque oltre il termine di 60 giorni stabilito dalla suddetta norma. L’appello n. 24756, inoltre, è stato depositato presso la segreteria di questa Sezione d’appello in data 26 gennaio 2006, oltre il termine di 30 giorni dalla notifica, previsto dalla citata disposizione.
Circa il merito dei gravami incidentali, il PM osserva che, contrariamente a quanto sostenuto dagli appellanti, la giurisprudenza è, oggi, consolidata nel riconoscere la possibilità per il P.M. presso il giudice contabile di costituire in mora il presunto responsabile attraverso l’invito a dedurre (richiama, oltre alle sentenze citate dal giudice di primo grado, Corte dei conti, Sezione I n. 3 del 2005 e n. 333 del 2004; Sezione III n. 388 del 2004; Sezione II n. 27 del 2004).
Quanto, poi, all’affermazione che l’invito a dedurre non sarebbe idoneo ad interrompere il termine di prescrizione vista la sua diversità da un atto di messa in mora, la Procura precisa che, per la giurisprudenza contabile, non è l’invito a dedurre a produrre ex se il suddetto effetto, sebbene, come nel caso in esame, la costituzione in mora contenuta nello stesso; lo stesso silenzio della legge sul punto, non impedirebbe che tale facoltà possa ricavarsi da un’interpreta-zione sistematica, facendo perno sul ruolo del P.M. presso il giudice contabile, titolare non solo di posizioni processuali ma anche sostanziali, al fine di rendere effettivo l’esercizio delle funzioni allo stesso attribuite in via esclusiva (cita, sul punto, Corte dei conti, Sezione III, n. 383 del 2003). Tale argomentazione troverebbe, oggi, ulteriore conferma nella previsione di cui all’art. 1, comma 174 della legge 266 del 2005, che ha espressamente affidato al suddetto Organo requirente tutte le azioni a tutela delle ragioni del creditore previste dal codice di rito, comprese l’azione surrogatoria, revocatoria ed il sequestro conservativo nei confronti del terzo.
Infine, ritiene che il dies a quo della prescrizione debba coincidere non con la data della delibera in esame, ma con quella, successiva, dei pagamenti effettuati dall’amministrazione in esecuzione della stessa. Infatti, il termine di prescrizione deve decorrere, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della legge n. 20 del 1994, dalla data del fatto dannoso, comprensivo dell’evento; quest’ultimo coinciderebbe, nel caso di specie, con l’effettiva lesione patrimoniale subita dall’ente pubblico, verificatasi nel momento dei pagamenti conseguenti alle delibere in discorso (cita Corte dei conti, Sezione II n. 279 del 2004; Sezione III n. 4 del 2005; Sezione Molise n. 118 del 2004; Sezione Lombardia n. 172 del 2004 e n. 659 del 2003; Sezione Emilia n. 19 del 2004; Sezione Sicilia appello n. 103 del 2003 e Sezione Sicilia n. 1781 del 2002).
Una diversa posizione, sempre per il Procuratore generale, contrasterebbe con l’art. 2935 c.c. che, com’è noto, fa decorrere il termine di prescrizione dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere: prima dei pagamenti, infatti, sussisteva un ostacolo giuridico all’eventuale esercizio dell’azione del P.M., mancando un danno concreto ed attuale per il cui risarcimento agire in giudizio.
Il Procuratore generale chiede, quindi, che questa Sezione centrale voglia:
in via principale, respingere i gravami e condannare gli appellanti anche alle spese del doppio grado;
in subordine, nell’eventualità di accoglimento sia dell’appello della parte pubblica che di quelli delle parti private, ovvero di assoluzione di queste ultime per mancanza di colpa grave, disporre la compensazione delle spese processuali;
in via ulteriormente gradata, nella denegata ipotesi di non accoglimento dell’appello del P.M., per motivi diversi dall’assenza di una colpa grave, disporre la liquidazione delle spese ed onorari di difesa, anche nel caso di mancata produzione della nota di cui all’art. 75 disp. att. c.p.c..
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Con recenti memorie integrative, di analogo contenuto, gli appellanti incidentali hanno provveduto a confutare le deduzioni della Procura appellante principale, chiedendo il rigetto dell’appello principale ed insistendo altresì nelle rispettive richieste.
Viene anzi tutto contestato il primo motivo dell’appello del PM, laddove egli sostiene l’illegittimità delle delibere assunte. Le difese osservano, in contrario, che ai sensi degli artt. 9 L. n. 142/1990 e 13 D.Lgs. n. 267/2000, al comune spettano tutte le funzioni amministrative riguardanti il territorio e la popolazione comunale e lo stesso art. 1, comma 3, lett. “a” della legge n. 59/1997, citato dalla Procura regionale, esclude dalle competenze comunali affari esteri e commercio estero, nonché cooperazione internazionale e attività promozionali all’estero, ma solo se “… di rilievo nazionale”, mentre nel caso si trattava di attività promozionali di rilievo esclusivamente locale. Neppure le altre norme ricordate dal PM varrebbero ad escludere una competenza comunale nella materia e nemmeno il principio posto dalla sentenza n. 425/1999 della Corte costituzionale, emessa in epoca antecedente alla riforma costituzionale e sulla scorta di una normativa differente.
In ogni caso, proseguono gli interessati, se pure dovessero ritenersi non legittime le delibere assunte, si dovrebbe parlare di colpa meramente lieve degli amministratori e funzionari coinvolti non è infatti sufficiente la mera inosservanza di norme perché ricorra la colpa grave, ma è necessaria una palese e conclamata illiceità del comportamento, mentre in questo caso nessuna norma escludeva espressamente la possibilità della promozione all’estero degli interessi locali da parte dei comuni.
Circa il secondo motivo dell’appello principale – che afferma l’incongruità delle iniziative estere in contestazione, ritenute prive di utilità, in quanto mancati di una previa specifica programmazione – viene contestata tale dedotta assenza di programmazione: gli amministratori, invece, avevano verificato le esigenze di promozione dell’industria locale, inserite nel programma politico e poi attuate in conformità; né potrebbe richiedersi una positiva dimostrazione del ritorno economico di queste attività (che comunque vi è stato).
Sul terzo motivo d’appello, le difese evidenziano lo specifico contenuto dei diversi deliberati, attinenti a fattispecie diverse tra di loro e che quindi sarebbero stati da esaminare singolarmente. Trattasi, in ogni caso, di legittime e ragionevoli scelte dell’amministrazione comunale, in quanto tali insindacabili nel merito.
Ancora, viene escluso che nella fattispecie ricorra l’asserito danno ingiusto per il comune: la Procura non ha dimostrato in alcun modo che il fine pubblico non sia stato perseguito nell’occasione, o che le delibere non siano state eseguite correttamente.
Da ultimo, le due memorie insistono sulle richieste di cui agli appelli incidentali subordinati; in proposito, è ribadita da entrambe le memorie l’avvenuta prescrizione dell’episodio connesso alla delibera n. 348 del 22.6.1999, per la quale non varrebbe, ad interrompere il termine, l’avvenuta costituzione in mora, a suo tempo formulata dal PM regionale in sede di invito a dedurre.
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All’udienza dibattimentale odierna, ha preso per primo la parola l’avv. Petretti, in rappresentanza degli appellati. Nel richiamarsi aglio atti scritti, il legale ha evidenziato la necessità di tenere conto dell’assoluta necessità, per quella comunità locale, della promozione all’estero delle attività produttive locali. Afferma poi che vi fu pieno coordinamento con la regione, nel deliberare quelle trasferte, con il pagamento, da parte dell’amministrazione regionale, di parte delle relative spese (per cui non è fondato, in particolare, il secondo motivo di appello del PM); né è vero che dette attività non furono debitamente programmate. Da ultimo, chiarisce che si è trattato, in tutti casi considerati, di mere iniziative promozionali, effettuate sempre a livello locale, con inesistenza, quindi, dei lamentati rischi di interferenze con le attribuzioni dei superiori livelli di governo.
Il PM si riporta alle conclusioni scritte, per ciò che riguarda gli appelli incidentali.
L’appello principale, prosegue, va invece accolto: è escluso che vi possa essere una competenza comunale in materia di internazionalizzazione delle attività produttive e di commercio estero: cita l’art. 13 del D.Lgs. n. 267/2000 e il D.Lgs. n. 112/1998, il quale ritene inadeguato il livello locale per l’espletamento di tali funzioni, assegnate infatti a regioni e Stato. Lo stesso oggetto delle delibere interessate tradisce, per il Requirente, tali intenti di generica e indeterminata attività promozionale estera.
Sussiste poi la colpa grave nella specie: l’assetto normativo in materia era ben chiaro, e consolidato da decenni. Né potrebbe qui richiamarsi l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali: se vi è illegittimità, non si può parlare in alcun modo di insindacabilità.
Anche in relazione alle tre delibere che non riguardano l’imprenditoria all’estero, è evidente la loro illiceità.
Conclude confermando la richiesta di riforma della prima sentenza, con condanna degli appellati.

DIRITTO

1. In rito, si dispone la riunione degli odierni appelli, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la medesima sentenza.
2. In via pregiudiziale, prioritaria appare la verifica dell’eccezione di inammissibilità degli appelli incidentali, sollevata dal Pubblico Ministero.
L’eccezione è fondata e deve essere accolta, con riferimento ad entrambi i gravami, nn. 24756 e 25534.
Ed infatti, risulta evidente, dagli atti di causa, che i due appelli incidentali sono stati notificati e depositati tardivamente presso la segreteria di questa Sezione centrale d’appello, con conseguente violazione dell’art. 1, c. 5-bis della legge n. 19 del 1994.
In particolare, l’appello del Procuratore regionale è stato notificato agli attuali appellanti incidentali in data 3 ottobre 2005, mentre questi ultimi hanno notificato i rispettivi gravami incidentali il 10 dicembre 2005 (appello n. 24756) e il 3 marzo 2006 (n. 25534): dunque, in ogni caso, ben oltre il termine di 60 giorni stabilito dalla suddetta norma. L’appello n. 24756, inoltre, è stato depositato presso la segreteria in data 26 gennaio 2006, oltre l’ulteriore termine di 30 giorni dalla notifica, previsto sempre dalla citata disposizione.
Le difese dei due gruppi di appellanti incidentali, è da notare, nulla si sono preoccupate di opporre alle argomentazioni del PM sul punto, neppure nell’odierna sede dibattimentale.
Non v’è dubbio, pertanto, che i suddetti appelli sono tardivi (cfr. Corte dei conti, Sezioni riunite, 14.6.2000, n. 9, ricordata anche dal PM) e da dichiarare inammissibili; non è possibile, allora, procedere all’esame della questione relativa alla prescrizione, contenuta nei su detti, tardivi appelli.
3. Nel merito, si ricorda brevemente che l’azione del PM regionale lombardo aveva riguardato alcune delibere della Giunta municipale di Meda, concernenti svariate iniziative di promozione all’estero dell’imprenditoria locale; nello specifico, si trattava di scambi culturali, stipulazione di accordi aventi rilevanza internazionale con autorità pubbliche estere, aiuti diretti alle imprese con l’organizzazione e partecipazione, a spese del comune, a fiere, mostre ed altre attività sempre all’estero.
Le delibere in esame erano state ritenute dannose, sia perché autorizzavano spese inerenti a funzioni di carattere internazionale (che esulano, per il Requirente, dalle competenze attribuite ai comuni), sia perché non erano state precedute da specifica attività di programmazione, che consentisse di individuare obiettivi specifici, suscettibili di una misurazione ex post, che consentisse di valutarne il grado di realizzazione, l’efficacia e la congruità.
Il Giudice territoriale ha disatteso le richieste attoree, assolvendo gli amministratori convenuti, in quanto ha ritenuto la predetta attività estera del comune di Meda sostanzialmente coerente con le competenze attribuite ai comuni in materia di sviluppo economico; in ogni caso – ha ritenuto sempre la Sezione di primo grado – la complessità delle norme che regolano la materia sarebbe tale da fare escludere la sussistenza del requisito della colpa grave nella condotta dei convenuti, che hanno adottato le su dette delibere in buona fede.
Di tali conclusioni lamenta l’erroneità il PM territoriale, che ha pertanto instaurato il presente appello.
4. Ciò posto, appare opportuno, per giungere ad una delibazione completa e meditata, ripercorrere, sia pure sinteticamente, il quadro normativo vigente nella materia all’odierno esame di questo Giudice.
4.1. In proposito, viene anzi tutto i rilievo la (abrogata) legge n. 142/1990, il cui art. 9 definiva le funzioni amministrative attribuite ai comuni, genericamente funzionalizzate agli interessi generali della comunità amministrata, ma senza alcuna indicazione di materie specifiche: “Spettano al comune tutte le funzioni amministrative che riguardino la popolazione ed il territorio comunale precipuamente nei settori organici dei servizi sociali, dell’assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze”. Il testo del su riportato art. 9 è stato pressoché letteralmente ripetuto all’art. 13 del T.U.E.L. di cui al decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267, attualmente in vigore.
Per quel che concerne in particolare le funzioni di rilevo internazionale, va anche ricordato il D.P.R. 31 marzo 1994, “Atto di indirizzo e coordinamento in materia di attività all’estero delle regioni e delle province autonome”, il quale ha disciplinato le relative attività regionali, coordinandole con l’attività estera del Governo. Sul punto, merita evidenziare che la Corte costituzionale – a seguito di un apposito conflitto di attribuzione sollevato dalle province autonome di Bolzano e di Trento – ha chiarito che “allo Stato rimangono sempre riservati gli indirizzi di politica estera e la valutazione degli interessi del Paese in questo settore, tanto con riferimento alle attività promozionali in materie di competenza regionale, quanto per le attività di mero rilievo internazionale delle regioni stesse. In conformità di tale principio si è sempre affermata la necessità che lo Stato sia messo in grado di apprezzare, attraverso gli strumenti dell’intesa o dell’assenso, se le iniziative di competenza regionale che toccano la sfera estera siano o meno in contrasto con gli indirizzi di politica internazionale, rimessi alla competenza statale” (sentenza 12 settembre 1995, n. 425).
Il su detto il D.P.R. 31 marzo 1994 ha disciplinato il rapporto tra la politica estera nazionale e le attività di rilievo internazionale delle sole regioni (e province autonome), e non anche degli enti locali, che non erano stati espressamente interessati da specifici trasferimenti al riguardo, da parte del D.P.R. n. 616/1977.
4.2. Va poi fatto riferimento alla riforma di cui alla legge 15 marzo 1997, n. 59 e succ. mod. (c.d. legge Bassanini), che ha previsto il “conferimento” alle Regioni ed agli enti locali di “… tutte le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi e alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunità, nonché tutte le funzioni e i compiti amministrativi localizzabili nei rispettivi territori in atto esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrali o periferici, ovvero tramite enti o altri soggetti pubblici” (art. 1, c. 2); a loro volta, le regioni devono dar luogo non più ad una semplice delega di funzioni agli enti locali, ma ad un vero e proprio conferimento di “tutte le funzioni che non richiedono l’unitario esercizio a livello regionale” (art. 4, c.1, L. n. 59/1997), in applicazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, indicati dall’art. 4 della medesima legge n. 59/1997. L’attuazione dei su detti principi indicati dalla legge Bassanini si è avuta con il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Successivamente, per effetto dell’entrata in vigore della legge di riforma costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 e dell’eventuale esercizio della potestà legislativa regionale nelle materie ad essa riservate dal nuovo testo dell’art. 117 Cost. (vale a dire, tutte quelle non espressamente riservate alla legislazione statale), settori fondamentali dell’ordinamento giuridico si prestano ad essere disciplinati sulla base di una specifica disciplina dettata da ciascuna legislazione regionale; inoltre, il novellato art. 118 Cost. prevede che “le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza ? 1° comma? “ ed, inoltre, che “i Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze ? 2° comma? “.
4.3. Con riferimento alla particolare materia oggetto della presente vicenda, l’art. 1, 3° comma della su ricordata legge n. 59/1997 esclude espressamente, dalla materia dei “conferimenti” statali agli enti locali, le funzioni e i compiti relativi – tra l’altro – alle “attività promozionale all’estero di rilievo nazionale”. Il successivo art. 4, nell’occuparsi dei “conferimenti” regionali, pone come limite espresso le funzioni che richiedano un sovraordinato esercizio unitario a livello regionale, nel rispetto dei principi di completezza e di programmazione (art. 4, 3° comma, lett. b) oltre che di economicità ed efficienza (di cui al medesimo comma, lett. c); il comma 5 della stessa norma, nel rispetto dei medesimi principi, impone poi a ciascuna Regione di adottare leggi di puntuale individuazione delle funzioni trasferite o delegate agli enti locali e di quelle mantenute in capo alla regione stessa.
Allo stesso modo, l’art. 3, 1° comma del D.Lgs. n. 112/1998, cit., impone a ciascuna regione (ai sensi dell’articolo 4, commi 1 e 5, della legge n. 59/1997), di determinare le funzioni amministrative che richiedono l’unitario esercizio a livello regionale, provvedendo contestualmente a conferire tutte le altre agli enti locali, in conformità ai princìpi stabiliti dall’articolo 4, comma 3, della predetta legge n. 59/1997; il successivo 2° comma del medesimo art. 3 del decreto legislativo richiama la dimensione territoriale ed organizzativa dell’ente destinatario, quale presupposto da tenere fermo ai fini dei conferimenti predetti, nonché l’esigenza di un unitario esercizio a livello regionale, quale limite insormontabile ai medesimi fini.
Ancora, ai sensi del successivo art. 48 del decreto legislativo in esame (collocato nel titolo II, dedicato allo “Sviluppo economico ed attività produttive”: artigianato, fiere, mercati e commercio) i trasferimenti e le deleghe di funzioni alle Regioni, disposti nelle materie suddette, “… comprendono, tra l’altro, le funzioni relative: all’orga-nizzazione ed alla partecipazione a fiere, mostre ed esposizioni organizzate al di fuori dei confini nazionali per favorire l’incremento delle esportazioni dei prodotti locali; alla promozione ed al sostegno finanziario, tecnico-economico ed organizzativo di iniziative di investimento e di cooperazione commerciale ed industriale da parte di imprese italiane”. Si ricorda da ultimo, a titolo di mera completezza (trattandosi di normativa non applicabile alla presente vicenda, esauritasi nel 2002) l’art. 7, c. 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (“Attuazione dell’articolo 118 della Costituzione in materia di esercizio delle funzioni amministrative”), secondo cui “Lo Stato e le Regioni, secondo le rispettive competenze, provvedono a conferire le funzioni amministrative da loro esercitate alla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, attribuendo a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato soltanto quelle di cui occorra assicurare l’unitarietà di esercizio, per motivi di buon andamento, efficienza o efficacia dell’azione amministrativa ovvero per motivi funzionali o economici o per esigenze di programmazione o di omogeneità territoriale”.
4.4. Per quanto riguarda poi la Regione Lombardia, la legge regionale 5 gennaio 2000, n. 1, emanata proprio in attuazione del ricordato art. 4 della legge n. 59/1997, all’art. 2, 4° comma (“Sviluppo economico ed attività produttive”) prevede che “La Regione esercita le funzioni amministrative riguardanti: (…) b) gli investimenti per iniziative destinate alla produzione e alla commercializzazione dei prodotti; (…) d) la promozione nonché la qualificazione del prodotto artigianale lombardo; (…) i) la concessione di agevolazioni, contributi, sovvenzioni, incentivi e benefici di qualsiasi genere alle imprese artigiane; j) il sostegno alla realizzazione di interventi nelle aree comprese in programmi comunitari…; (…) l) le iniziative per l’organizzazione di mostre ed esposizioni, anche al di fuori dei confini nazionali, per favorire l’incremento delle esportazioni del prodotto artigiano…”.
4.5. Il quadro normativo innanzi tratteggiato, delinea dunque un complessivo sistema di policentrismo istituzionale (non del tutto inquadrabile come vero e proprio “federalismo”) che non può comunque ritenersi retto dalla libera iniziativa dei diversi soggetti istituzionali, ma che al contrario deve essere coordinato con la finanza pubblica nazionale, secondo i principi dell’art. 119 Cost., nuovo testo.
Ed infatti, nell’attuale sistema costituzionale, “sono presenti congegni volti a rendere più flessibile un disegno che, in ambiti nei quali coesistono, intrecciate, attribuzioni e funzioni diverse, rischierebbe di vanificare, per l’ampia articolazione delle competenze, istanze di unificazione presenti nei più svariati contesti di vita, le quali, sul piano dei principi giuridici, trovano sostegno nella proclamazione di unità e indivisibilità della Repubblica. Un elemento di flessibilità è indubbiamente contenuto dell’art. 118, primo comma, Cost, là dove prevede che le funzioni amministrative, generalmente attribuite ai Comuni, possano essere allocate ad un livello di governo diverso per assicurarne l’esercizio unitario, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza” (Corte Costituzionale, sentenza 1.10.2003, n. 303).
5. Le notazioni appena esposte, consentono a questo Giudice una compiuta soluzione delle questioni ermeneutiche al suo esame.
5.1. Deve essere chiarito, in primo luogo, che effettivamente le delibere in esame sono state assunte illegittimamente, in carenza cioè di ogni attribuzione in proposito assegnata dalla legge ai comuni, al contrario di quanto ritenuto dal primo Giudice.
Ed invero, dal quadro normativo innanzi sinteticamente riportato, emerge senza ombra di dubbi come gli enti locali c.d. “minori” (per ampiezza territoriale), quali in primo luogo i comuni, non siano – e non siano mai stati – chiamati dal Legislatore a svolgere attività all’estero (o, comunque, aventi carattere internazionale); e ciò in quanto dette attività, per il loro rilievo, non possono essere disimpegnate al livello comunale, e ciò proprio per una corretta applicazione del più volte richiamato principio di sussidiarietà, secondo il quale, appunto, devono essere svolte ad un superiore livello di governo le funzioni che non potrebbero obiettivamente essere trattate in modo soddisfacente al livello inferiore (cfr., in proposito, la definizione di cui all’art. 3/b del Trattato di Maastricht sull’Unione europea del 7 febbraio 1992).
Orbene, le funzioni ed attività di carattere internazionale, già intuitivamente (oltre che, come appena visto, per precisa scelta del Legislatore), richiedono una unitarietà di intenti e una visione strategica d’insieme, incompatibili con il livello comunale di governo (pena l’inevitabile dispersione degli sforzi e delle relative risorse, quando non addirittura la contraddittorietà delle stesse iniziative adottate): non a caso, le stesse regioni, in materia, devono passare per il necessario coordinamento statale, ai sensi del su ricordato D.P.R. del 1994, secondo quanto chiarito dal Giudice delle leggi.
E ciò – se possibile – è ancora più vero dopo l’entrata in vigore della novella costituzionale di cui alla L. cost. n. 3/2001, cit., la quale prevede, quale opportuno bilanciamento della maggiore autonomia garantita ai diversi livelli di potere esecutivo, il necessario coordinamento della finanza pubblica, ai fini del migliore impiego possibile delle relative risorse, che ha tra l’altro portato alla predisposizione di un apposito “patto di stabilità interno”, di cui all’art. 28 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (c.d. collegato alla legge finanziaria 1998), e succ. mod., e ancora da ultimo ribadito dall’art. 77 del recentissimo D.L. 25 giugno 2008, n. 112.
Non è quindi corretta, ad avviso di questa Sezione d’appello, l’affermazione del primo Giudice, secondo il quale in assenza di dati normativi espressamente ostativi, non sarebbe censurabile la scelta della Giunta di Meda di intraprendere iniziative promozionali delle imprese e dei prodotti locali all’estero, ovvero di perseguire obiettivi di conoscenza e aggiornamento tecnico, perché le relative deliberazioni esprimerebbero “…scelte discrezionali né palesemente irragionevoli, né contra legem”: al contrario, tali scelte confliggono con il preciso e coerente riparto di competenze stabilito dal Legislatore, statale e regionale. Né potrebbe sostenersi che l’assenza di un espresso divieto di occuparsi di certe materie, sarebbe sufficiente a far ritenere lecita, in astratto, qualsiasi deliberazione adottata dai comuni (in quanto enti a fini generali) e collegata, sia pure genericamente, con gli interessi della popolazione locale: nella fattispecie che qui interessa, vi era un’attribuzione esplicita di tali funzioni ad altri enti (regioni e Stato), e ciò – ai sensi degli artt. 9 L. n. 142/1990 e 13 D.Lgs. n. 267/2000, su riportati – in ogni caso impediva che le medesime funzioni potessero essere svolte al livello comunale.
5.2. Oltre a ciò, sempre con riferimento al profilo oggettivo (liceità dei comportamenti in esame), va evidenziata – oltre all’irregolarità delle iniziative intraprese, appena esaminata – anche le non sempre corrette modalità gestionali delle stesse.
Ci si riferisce, ad esempio, alla delibera 22.6.1999 n. 348, che autorizzò 3 consiglieri comunali a recarsi in Cina per una fiera, alla quale parteciparono invece 4 persone e per un arco temporale superiore di circa 8 gg rispetto al periodo della fiera; alle spese per mancata restituzione dei residui degli anticipi cassa da parte di taluni amministratori; alle spese sostenute dall’assessore A.per pullman, autobus, mance, TV in albergo e bar in occasione della trasferta in Russia di cui alla delibera di Giunta 24.10.2000, n. 406: spese, queste ultime, che – seppure di modesta entità – non avrebbero potuto comunque essere ritenute lecite, in quanto prive di causa giustificativa.
6. Il profilo della liceità del comportamento, appena visto, richiama immediatamente un altro aspetto, delibato dal primo Giudice e che costituisce motivo di appello da parte del PM regionale. Ci si riferisce alla questione relativa alla sindacabilità, da parte del Giudice contabile, delle scelte compiute dagli amministratori qui coinvolti.
6.1. Sul punto, occorre precisare che la cognizione della Corte dei conti riguarda, in linea di massima, anche le scelte discrezionali dell’amministrazione, per verificare se esse siano coerenti con i principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, ovvero comportino l’adozione di scelte arbitrarie e diseconomiche: in particolare, è stato pacificamente affermato che la Corte dei conti ben può sindacare gli atti amministrativi, senza che sia di ostacolo il divieto riguardante il merito delle scelte discrezionali (ex multis, cfr. Corte dei conti, Sezione II app., 14.4.1999, n. 120 e 1.12.2000, n. 396; Sezione III app., 7.1.2003, n. 2 e 8.1.2003, n. 9. Cfr., inoltre, Cassaz, SS.UU., 19.1.2001, n. 11 e 10.7.2000, n. 469). In altri termini, poiché ciò che distingue l’attività amministrativa discrezionale da quella vincolata è la possibilità di scelta tra più comportamenti leciti, in questi casi il Giudice contabile dovrà verificare, con giudizio ex ante, se la scelta operata corrispondesse di per sé a criteri generali di logica e ragionevolezza (cfr., ex plurimis, Corte dei conti, SS.RR., 30.9.1993, n. 904/b; Sezione II app., 27.5.1999, n. 162).
Come noto, il tema è stato evocato, in particolare, dal decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito con legge 20 dicembre 1996, n. 639, il quale prevede che “… la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata agli atti ed alle omissioni commesse con dolo o colpa grave, ferma restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali”.
In realtà, la disposizione su riportata non ha modificato i principi giurisprudenziali già in precedenza consolidatisi in tema di sindacato del giudice contabile sull’attività discrezionale della pubblica amministrazione (tra l’altro, lo stesso tenore letterale della norma vale ad escludere una specifica volontà innovativa da parte del Legislatore: “… ferma restando l’insidacabilità”): princìpi secondo i quali al Giudice della responsabilità amministrativa è precluso ogni apprezzamento che investa le valutazioni di convenienza e di opportunità compiute dall’autorità deliberante, essendo vietata ogni ingerenza nell’attività di ponderazione comparata degli interessi. È viceversa consentito – e anzi connaturato alla tipologia di questo giudizio – il vaglio dell’attività discrezionale degli amministratori, con riferimento alla rispondenza della stessa a criteri di razionalità e congruità rilevabili dalla comune esperienza amministrativa, al fine di stabilire se la scelta risponda a quei criteri di prudente apprezzamento cui deve sempre ispirarsi l’azione dei pubblici apparati.
L’insindacabilità delle scelte amministrative, di cui alla norma appena ricordata, non esclude cioè la verifica giudiziale sul corretto esercizio del potere discrezionale stesso; verifica che si avvale di parametri esterni (quali la competenza, il termine e la materia) ed interni (rapporto fra fine istituzionale e fine concreto; congruità e proporzionalità delle scelte; princìpi di razionalità, imparzialità e buona amministrazione): Corte dei conti, Sezione II app., 27.5.1999, n. 162. La nuova disposizione, in altri termini, riafferma più semplicemente la necessità – già comunque tenuta presente dalla giurisprudenza – di distinguere tra merito dell’azione amministrativa (in ordine al quale non è ammissibile il sindacato del giudice) e conformità di tale azione ai canoni generali su ricordati (Corte dei conti, Sezione III app., 10.3.2003, n. 100).
In sostanza, la discrezionalità cui si riferisce l’art. 1, comma 1, della legge n. 20/1994 comporta che il pubblico amministratore, nella scelta tra molteplici possibilità operative, tutte ugualmente lecite, opti per una di esse ritenendola la più opportuna nel caso di specie: in tal caso, il giudizio comparativo operato dall’amministrazione sarà insindacabile da parte della Corte (Corte dei Conti, Sezione III app., n. 2/2003, cit.); più precisamente, il merito rappresenta la sfera libera dell’azione amministrativa discrezionale, ossia l’ambito nel quale la stessa, essendo stati rispettati i limiti anzidetti, può svolgersi senza essere soggetta al sindacato del giudice (Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale Lombardia, 17.11.2003, n. 1224).
6.2. Nello specifico, va rilevato che proprio la fattispecie in argomento – effettuazione di viaggi all’estero da parte di amministratori locali – ha spesso offerto ai Giudici contabili l’occasione di affrontare il tema della discrezionalità amministrativa.
In tali evenienze è stata allora ribadita la piena possibilità, per questa Corte dei conti, di valutare i fatti di gestione che conseguono alle decisioni discrezionali assunte dagli amministratori nella materia, utilizzando, quale parametro di giudizio, non soltanto il rispetto delle regole giuridiche, ma anche il principio di razionalità amministrativa e la congruità del mezzo rispetto ai fini da perseguire (v. Corte dei conti, Sezione II, 13.11.1992, n. 252; Sezione I, 16.9.1991, n. 273).
6.3. I principi su riportati, occorre aggiungere, sono stati condivisi anche dalla giurisprudenza recente della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, che con una prima pronunzia, 29.1.2001, n. 33, ha evidenziato che “… la Corte dei Conti … può e deve verificare la compatibilità delle scelte amministrative con i fini pubblici dell’ente ma, per non travalicare i limiti esterni del suo potere giurisdizionale, una volta accertata tale compatibilità, non può estendere il suo sindacato all’articolazione concreta e minuta dell’iniziativa intrapresa dal pubblico amministratore, la quale rientra nell’ambito di quelle scelte discrezionali di cui la legge stabilisce l’insindacabilità …”. Nella successiva sentenza 29.9.2003, n. 14448, il medesimo Giudice regolatore della giurisdizione ha posto in luce la rilevanza, dopo l’entrata in vigore dell’art. 1, comma 1, della legge n. 241/1990, dell’efficienza, efficacia ed economicità tra i parametri di legittimità dell’azione amministrativa, come tali conoscibili dal Giudice contabile, in quanto la verifica della legittimità dell’attività amministrativa non può prescindere dalla valutazione del rapporto tra gli obiettivi conseguiti e i costi sostenuti. Nel medesimo senso, infine, si vedano SS.UU., 6.5.2003, n. 6851 e 17.12.2003, n. 19356, secondo le quali rientra nelle prerogative della Corte dei conti sindacare – oltre all’assoluta inconferenza del mezzo prescelto – la conformità del fine concretamente realizzato, rispetto al novero di quelli astrattamente perseguibili dall’amministrazione.
6.4. Sempre sulla scorta dei canoni generali innanzi esposti, la giurisprudenza ha poi ulteriormente precisato come debba essere esclusa la insindacabilità delle scelte discrezionali, laddove il comportamento contestato si ponga contra legem (v. Corte dei Conti, Sezione III app., 16 dicembre 2003, n. 569 e Cassazione, SS.UU., 22.12.2003, n. 19661, ricordate anche dal primo Giudice).
Il che è quanto è avvenuto nel caso di specie, nel quale gli amministratori (e funzionari) coinvolti, anche per tale motivo, non potrebbero invocare l’esimente della (presunta) insindacabilità di scelte che – oltre ad essere di per sé perfettamente valutabili dal Giudice contabile – si ponevano comunque in contrasto con le norme di legge in tema di riparto delle funzioni amministrative tra i diversi soggetti istituzionali.
Anche sotto tale profilo, non è pertanto condivisibile la pronunzia di prime cure, che – come innanzi ricordato – ha ritenuto (lecite, e, pertanto) insindacabili le scelte amministrative in esame.
7. Le su riferite considerazioni consentono una più agevole delibazione del profilo soggettivo della responsabilità (colpa grave); elemento del quale, si ricorda, il Giudice territoriale ha escluso la sussistenza nel caso di specie.
In realtà, anche tale valutazione va rivista, alla luce di tutto quello che fin qui è stato esposto, e che secondo questo Collegio giustifica ampiamente, sotto l’aspetto soggettivo, la censura di grave colpevolezza, sotto il profilo della negligenza inescusabile, dedotta dal PM appellante.
Nel caso di specie, appare infatti ampia ed evidente a questo Giudice la violazione delle norme in materia, sopra riportate, da parte degli amministratori e funzionari, i quali hanno agito, nella specie, in difetto di ogni minima cautela, programmando ed effettuando un gran numero di missioni estere, senza neppure provvedere a raccordarsi con l’amministrazione regionale (se non in sporadiche occasioni e per iniziative specifiche). La gravità della colpa, ha esattamente rilevato l’appellante, emerge (anche) dalla circostanza che le norme in materia non sono mai sostanzialmente mutate, essendo le attuali semplicemente ripetitive di quelle già in precedenza vigenti (v., in particolare, i già citati artt. 9 L. n. 142/1990 e 13 D.Lgs. n. 267/2000, dall’identica formulazione); né – occorre ribadire – si potrebbe obiettivamente ritenere che la L. n. 59/1997 e il D.Lgs. n. 112/1998 avessero recato specifiche innovazioni, attribuendo ai comuni competenze nuove in tema di rapporti internazionali.
Si noti che la stessa giurisprudenza di questa Corte dei conti, in fattispecie similari, ha costantemente evidenziato come di per sé non costituisca illecito l’effettuazione di viaggi all’estero da parte comunale (esempio tipico, i casi di gemellaggio con altre città): sempre che, però, tali iniziative si mantengano entro certi limiti, funzionali (coerenza con gli obiettivi da perseguire) e quantitativi: cfr. Corte dei conti, SS.RR., 3.6.1996, n. 30; Sezione II app., 2.6.1997, n. 66; Sezione giurisdizionale Calabria, 24.11.1994, n. 50. Quando tale ambito è stato superato, il giudizio negativo dei Giudici è stato inevitabile e costante: v., ad es., Corte dei conti, Sezione I, 9.5.1995, n. 1; Sezione II, 16.3.1994, n. 85; Sezione giurisdizionale Campania, 5.12.2000, n. 108 e 23.10.1995, n. 78.
Più esattamente, ciò che si rimprovera ai convenuti non è tanto l’effettuazione di qualche attività all’estero – che in certi limiti, anzi, sarebbe stato anche possibile inquadrare nell’ambito delle funzioni proprie dell’ente locale – ma l’organizzazione (e relativo svolgimento) di una vera e propria attività ordinaria e continuativa di “politica estera”, con trasferte e missioni a cadenza pressoché regolare.
Nel caso di specie, si ripete, gli interessati non potrebbero, sotto alcun profilo, fondatamente invocare la carenza di colpa grave con riferimento all’effettuazione di una tale mole di iniziative all’estero; attività che hanno richiesto da parte dell’ente il coinvolgimento del personale e l’impiego di attività, mezzi e risorse non indifferenti e, quel che più rileva, certamente sottratte ad altri più diretti e primari interessi della comunità amministrata. Il ritenere leciti tali comportamenti, o comunque non contrassegnati da grave negligenza, sembra a questo Giudice davvero aberrante, e finirebbe anzi per legittimare – con l’improprio richiamo alla generalità dei fini perseguiti dall’ente locale – ogni e qualsiasi attività, anche la più distante dalle effettive esigenze dei cittadini.
In relazione a tali aspetti, peraltro, emerge evidente anche la (cor)responsabilità, con quella degli amministratori, degli stessi funzionari che hanno avallato, con il proprio comportamento, tali illecite prassi. In particolare, i dottori M. e M. hanno reso i pareri di rispettiva competenza in senso favorevole, anziché far rilevare le illegittimità innanzi descritte; neppure i segretari comunali M. e Calì, nell’assistere la giunta, hanno mai evidenziato, per parte loro, le gravi irregolarità che inficiavano la validità dei deliberati che venivano assunti.
Per non parlare, poi, di alcune specifiche modalità operative, prima richiamate (v. il precedente punto 5.2), in relazione alle quali la censura di gravità della colpa – sia da parte degli amministratori che dei funzionari – appare ancora più netta: difficile ritenere di lieve entità, ad esempio, la negligenza di chi eroga mance o spende per la pay-TV in camera, o al bar, e poi addossa le relative spese all’ente, ovvero ancora trattiene irregolarmente i residui degli anticipi ricevuti (e degli stessi funzionari che tali disinvolti comportamenti hanno di fatto avallato).
Vanno dunque disattese, anche sotto tale aspetto, le valuta-zioni espresse dal Collegio territoriale, e riaffermata – oltre all’illiceità della condotta – la grave colpevolezza degli appellati tutti.
8. In conseguenza di quanto sopra, l’appello proposto dal Procuratore regionale merita di essere accolto, sia pure parzialmente, con conseguente condanna dei soggetti appellati.
Ed invero, per quel che riguarda il quantum della condanna, il Collegio ritiene corretto operare una ragionevole rideterminazione della somma da addebitare agli interessati, rispetto a quella prospettata dal PM nella citazione, e poi ripetuta nell’atto d’appello.
A tale proposito, occorre infatti considerare l’utilitas che comunque, in qualche misura è stata conseguita dall’ente locale e dalla relativa collettività, in termini promozionali e di immagine della realtà produttiva locale, a seguito di tali iniziative, sia pure (come chiarito) illecite.
Anche le deduzioni degli appellanti in merito alla loro sostanziale buona fede nell’intraprendere quelle attività, seppure non possono valere – come appena chiarito – ad escludere la responsabilità dei medesimi, possono però essere considerate ai fini di una più equa determinazione della condanna.
Una ponderata considerazione dei i fattori appena esposti – valutazione della quale non vi è peraltro ragione di esporre le componenti, data l’esistenza di un potere discrezionale assegnato dall’ordinamento a questo Giudice nel ridurre l’addebito (cfr. Corte dei conti, Sezione I app. 27.5.2008, n. 235 e Cassazione, nn. 1212/1986 e 35/1988) – porta il Collegio a quantificare il danno risarcibile, in un importo pari, per ciascuno degli appellati, ad un terzo dell’iniziale richiesta di condanna del Procuratore, la cui suddivisione delle rispettive quote di responsabilità questo Giudice pienamente condivide. Gli importi medesimi devono intendersi comprensivi della rivalutazione monetaria.
9. In conclusione, gli amministratori e funzionari appellati devono essere condannati al risarcimento, nei confronti del comune di Meda, dei seguenti importi, già comprensivi di rivalutazione monetaria:
T. G. F., in qualità di Sindaco proponente alcune delibere e che ha approvato tutte le delibere esaminate: € 3.402,37;
D. S., in qualità di Assessore che ha approvato tutte le delibere esaminate: € 3.402,37;
A.S.M., in qualità di Assessore agli Esteri ed alle Politiche Economiche proponente alcune delibere e che ha approvato tutte le delibere esaminate: € 3.402,37;
T.M.R., in qualità di Assessore che ha approvato le delibere n. 75/00, 252/00, 343/00, 406/00 e 185/02: € 573,43;
T. O., in qualità di Assessore che ha approvato le delibere n. 348/99, 75/00, 149/00, 343/00, 406/00, 99/02, 127/02 e 185/02: € 3.364,00;
L.R., in qualità di Assessore che ha approvato le delibere n. 75/00, 149/00, 343/00, 99/02, 127/02 e 185/02: € 1.641,95;
M. G., in qualità di funzionario che ha reso parere contabile favorevole a tutte le delibere esaminate e che ha reso anche parere di regolarità tecnica favorevole alle delibere n. 99/2002, 127/2002 e 185/2002: € 3.402,37;
M. G., in qualità di Segretario comunale (Del. 520/98) e funzionario che ha reso parere tecnico favorevole alle delibere n. 348/99, 75/00, 149/00, 252/00 e 406/00: € 2.322,53;
C.R.., in qualità di Segretario comunale che ha assistito alle delibere n. 75/00, 149/00, 252/00, 343/00, 406/00, 99/02, 127/02 e 185/02 ed ha partecipato ad alcune missioni estere quale componente la delegazione comunale: € 1.948,24;
M.E., in qualità di funzionario che ha reso parere tecnico favorevole alla delibera n. 343/00: € 60,60.
La condanna va poi estesa agli interessi legali, dalla data di notifica, a ciascuno dei condannati, della presente sentenza e fino al soddisfo.
Da ultimo, le spese del doppio grado di giudizio, da versare in favore dello Stato, seguono la soccombenza e sono poste, in via solidale ed in parti uguali, a carico dei soggetti condannati.

P.Q.M.

la Corte dei conti – Sezione prima giurisdizionale centrale di appello, previa riunione in rito, definitivamente pronunciando, contrariis reiectis,

DICHIARA INAMMISSIBILI
gli appelli incidentali indicati in epigrafe (giudizi di cui ai nn. 24756 e 25534);

ACCOGLIE PARZIALMENTE
l’appello principale del Pubblico Ministero, con conseguente annullamento dell’impugnata sentenza n. 467/2005 della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la regione Lombardia. Per l’effetto,

CONDANNA
gli appellati al risarcimento, nei confronti del comune di Meda, dei seguenti importi, già comprensivi, ad oggi, della rivalutazione monetaria: omissis

Disclaimer: Contenuti a scopo informativo e divulgativo che non sostituiscono il parere legale di un avvocato. Per una consulenza legale personalizzata contatta lo studio dell’avv. Gianluca Lanciano: Clicca e compila il form · WhatsApp 340.1462661 · Chiama 340.1462661 · Scrivi info@miolegale.it
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