Consiglio Nazionale Forense, 24 novembre 2023, n. 257
Bocciatura alla prova di verifica finale della scuola forense: va impugnata davanti al TAR e non al Consiglio nazionale forense
La bocciatura all’esame finale della Scuola Forense, divenuta obbligatoria per l’ammissione all’esame di abilitazione alla professione forense, deve essere impugnata davanti al Tar e non al Consiglio nazionale forense. Rientrano invece nella giurisdizione del Consiglio Nazionale Forense le controversie sul rilascio del certificato di compiuto tirocinio, fermo restando che il Consiglio non può annullare il diniego di compiuta pratica del COA a sua volta fondato sulla valutazione della Scuola Forense.
Ai fini dell’ammissione all’esame di abilitazione forense, oltre al regolare svolgimento del tirocinio professionale, i praticanti avvocati iscritti al Registro a partire dal 1° aprile 2022 devono seguire obbligatoriamente e con profitto un corso di formazione durante i mesi di tirocinio. Il percorso formativo obbligatorio presso la Scuola Forense è previsto dall’art. 43 della legge professionale forense (Legge n. 247 del 31 dicembre 2012), mentre il regolamento dei corsi di formazione è contenuto nel D.M. n. 17 del 9 febbraio 2018, in seguito derogato dall’art. 4 quater co. 10 del d.l. n. 51 del 10 maggio 2023.
È ivi previsto che i praticanti iscritti al Registro a partire dal 1° aprile 2022, ai fini dell’ammissione all’esame di abilitazione (oltre che al regolare svolgimento del tirocinio professionale), devono seguire con profitto un corso obbligatorio di durata minima non inferiore alle 160 ore da svolgersi nei 18 mesi di tirocinio (art. 5), tenuto dai Consigli dell’Ordine e dalle associazioni forensi giudicate idonee, nonché dagli altri soggetti previsti dalla legge (art. 2), i cui contenuti - al fine di garantire ‘omogeneità di preparazione e di giudizio sul territorio nazionale - devono essere strutturati “tenendo conto delle linee guida fornite dal Consiglio Nazionale Forense” (art. 3 co. 3).
I corsi di formazione sono tenuti dai Consigli dell’Ordine (anche tramite le Scuole Forensi) e dalle associazioni forensi giudicate idonee, nonché dagli altri soggetti previsti dalla legge, i cui contenuti – al fine di garantire l’omogeneità di preparazione e di giudizio sul territorio nazionale – devono essere strutturati con libera determinazione ma tenendo conto delle linee guida fornite dal Consiglio Nazionale Forense.
Ai sensi dell’art. 8 co. 3, il percorso positivo implica la frequenza di almeno l’80% delle lezioni ed il superamento di due verifiche intermedie, che consentono di accedere ad una verifica finale.
Ed “il mancato superamento della verifica finale impedisce il rilascio del certificato di compiuto tirocinio di cui all’articolo 45 della legge professionale e richiede e la ripetizione dell’ultimo ciclo semestrale di formazione seguito e della relativa verifica” (art. 8 co. 4).
Ricorso contro la valutazione negativa della scuola forense e mancato rilascio del certificato di compiuta pratica
La ricorrente nella fattispecie bocciata alla prova finale della scuola forense dalla stessa frequentata ha impugnato davanti al Consiglio Nazionale Forense la valutazione negativa emessa dalla Scuola Forense medesima ed il diniego di rilascio del certificato di compiuta pratica, emesso dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di appartenenza.
Il C.N.F. in via preliminare ha ritenuto di dover valutare la propria competenza a giudicare sulle varie domande oggetto del ricorso.
Secondo il C.N.F. «Ancorché le Scuole Forensi non abbiano autonoma personalità giuridica e siano direttamente riferibili ai Consigli dell’Ordine, si tratta di materia che non rientra nella competenza giurisdizionale del Consiglio Nazionale Forense per come delineata dall’art. 36 co. della legge forense, a tenore del quale “
1. Il CNF pronuncia sui reclami avverso i provvedimenti disciplinari nonché in materia di albi, elenchi e registri e rilascio di certificato di compiuta pratica; pronuncia sui ricorsi relativi alle elezioni dei consigli dell’ordine; risolve i conflitti di competenza tra ordini circondariali; esercita le funzioni disciplinari nei confronti dei propri componenti, quando il consiglio distrettuale di disciplina competente abbia deliberato l’apertura del procedimento disciplinare. La funzione giurisdizionale si svolge secondo le previsioni di cui agli articoli da 59 a 65 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37”
E poiché tutti provvedimenti impugnati, diversi dal diniego del Consiglio dell’Ordine al rilascio del certificato di compiuta pratica, si sostanziano in provvedimenti amministrativi relativi a posizioni di interesse legittimo, la giurisdizione su tali atti - dei quali viene chiesto l’annullamento spetta in via esclusiva al T.A.R., in favore del quale deve essere declinata e innanzi al quale - là dove ritenesse di avere ancora interesse alla decisione - la ricorrente potrà riassumere il giudizio nel termine di legge».
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Consiglio Nazionale Forense, 24 novembre 2023, n. 257