Corte Costituzionale, 6 aprile 2016, n. 125
Furto con strappo e rapina: illegittimo l’art. 656, c 9, lettera a) c.p.p. nella parte in cui esclude la sospensione della pena nei confronti dei condannati per furto con strappo
la Corte cost., con sentenza 1° giugno 2016, n. 125, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del nono comma dell’art. 656 c.p.p., come modificato dall’art. 2 d.l. n. 92, cit., nella parte in cui stabilisce che non può essere disposta la sospensione dell’esecuzione nei confronti delle persone condannate per il delitto di furto con strappo.
La distinzione tra la fattispecie incriminatrice del furto con strappo (art. 624-bis, secondo comma, cod. pen.) e quella della rapina (art. 628 cod. pen.) risiede nella diversa direzione della violenza esplicata dall’agente. Sussiste un furto con strappo quando la violenza è immediatamente rivolta verso la cosa, e solo indirettamente verso la persona che la detiene; costituisce invece una rapina l’impossessamento della cosa mobile altrui mediante una violenza diretta sulla persona.
Nel furto con strappo la vittima può risentire della violenza solamente in modo riflesso, come effetto della violenza impiegata sulla cosa per strapparla di mano o di dosso alla persona, mentre nella rapina la violenza alla persona costituisce il mezzo attraverso il quale avviene la sottrazione. Così, se lo strappo non basta per ottenere l’impossessamento e viene di conseguenza esercitata una violenza sulla persona, è ravvisabile una rapina.
Non sono rari i casi in cui, nel progredire dell’azione delittuosa, il furto con strappo si trasforma in una rapina, per la necessità di vincere la resistenza della vittima, o anche in una rapina impropria, per la necessità di contrastare la reazione della vittima dopo la sottrazione della cosa. In questi casi, tra il furto con strappo e la rapina si verifica una progressione nell’offesa, in quanto la lesione si estende dal patrimonio alla persona, giungendo a metterne in pericolo anche l’integrità fisica, ed è incongrua la normativa che, pur prevedendo per la rapina una pena assai più grave, riconosce a chi ne è autore un trattamento più vantaggioso in sede di esecuzione della pena.
Non si giustifica dunque la disparità di trattamento prevista dall’art. 656, comma 9, lettera a), del codice di procedura penale nella parte in cui stabilisce che non può essere disposta la sospensione dell’esecuzione nei confronti delle persone condannate per il delitto di furto con strappo (624-bis cod. pen.) a differenza di quanto invece può avvenire nel caso di condannati per rapina, dato che «la rapina semplice […] non rientra tra i reati elencati nell’art. 4 bis L. 354/75», per i quali, in virtù di «una particolare capacità a delinquere» di chi li ha commessi (presunta dal legislatore), non può essere disposta la sospensione dell’esecuzione.
Secondo la Consulta ai fini della sospensione dell’esecuzione penale non rileva tanto la maggiore gravità della rapina rispetto al furto con strappo quanto le caratteristiche dei due reati, così come sopra descritte, che non consentono di assegnare all’autore di un furto con strappo una pericolosità maggiore di quella riscontrabile nell’autore di una rapina attuata mediante violenza alla persona.
Art. 656 – Esecuzione delle pene detentive
9 .La sospensione dell’esecuzione di cui al comma 5 non può essere disposta:
a) nei confronti dei condannati per i delitti di cui all’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, nonché di cui agli articoli 423-bis, 572, secondo comma, 612-bis, terzo comma, 624-bis del codice penale, [e per i delitti in cui ricorre l’aggravante di cui all’articolo 61, primo comma, numero 11-bis), del medesimo codice,] fatta eccezione per coloro che si trovano agli arresti domiciliari disposti ai sensi dell’articolo 89 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni.
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Corte Costituzionale, 6 aprile 2016, n. 125