Cassazione penale, sez. I, 27 ottobre 2009, n. 44660
È inammissibile l’impugnazione proposta mediante dettatura al servizio telefonico di un telegramma, trattandosi di una modalità che non garantisce certezza in ordine all’autenticità della provenienza e all’identità dell’impugnante.
Ancorché l’art. 583 c.p.p. consenta che le parti ed i difensori possano proporre l’impugnazione con telegramma ovvero con atto da trasmettersi a mezzo di raccomandata alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, deve comunque aversi conto del principio sancito dall’art. 581 c.p.p. in base al quale l’atto di impugnazione deve avere la forma scritta, e pertanto, trattandosi di una dichiarazione di volontà produttiva di rilevanti e immediati effetti processuali, richiede la sua riferibilità al soggetto proponente in modo certo, attraverso un’inequivoca assunzione di responsabilità che solo la sottoscrizione può attribuir (Cfr. Cass. Pen, sez. 1, 21 febbraio 1996, Pirrotta).
La nozione stessa di forma scritta presuppone, per definizione, la sottoscrizione dell’atto che diversamente è da qualificare come semplice scritto anonimo, di per sè processualmente inutilizzabile. Può pertanto affermarsi che ogni documento scritto, per assumere rilevanza e produrre effetti giuridici, deve recare in calce la firma del suo autore (Cass. Pen., sez. 2, 29 agosto 2000, n. 4321).
Posto dunque che, anche per il difensore, la sottoscrizione dell’atto con cui, ai sensi dell’art. 581 c.p.p., si deve proporre l’impugnazione, è un requisito formale indeclinabile dell’atto stesso, ne deriva che deve ritenersi inammissibile l’impugnazione proposta con telegramma il cui testo sia dettato per telefono anziché con spedizione del telegramma stesso dagli uffici postali, trattandosi di una modalità che non garantisce certezza in ordine all’autenticità della provenienza e all’identità dell’impugnante.
Clicca e scarica il testo integrale della sentenza ⇣
Cassazione penale, sez. I, 27 ottobre 2009, n. 44660