Cassazione penale, sez. III, 20 gennaio 2011, n. 1805
Il condannato in contumacia, ai sensi dell’art. 175, 2 comma c.p.p., ha diritto di essere restituito nel termine per proporre l’impugnazione se non abbia avuto conoscenza effettiva del procedimento e salvo che non abbia volontariamente rinunciato a comparire o ad impugnare.
Non spetta all’imputato di fornire la prova negativa della reale conoscenza del procedimento o della sentenza pronunciata in contumacia, ma è onere del Giudice, chiamato a compiere “ogni necessaria verifica”, quello di reperire agli atti l’eventuale prova positiva della conoscenza del procedimento in corso.
Certo è che l’avvenuta dichiarazione di latitanza non costituisce di per sé elemento che porta ad escludere la mancata incolpevole conoscenza della citazione a giudizio
La circostanza che l’imputato sia edotto della misura cautelare – presupposto della dichiarata latitanza – non è incompatibile con la mancata incolpevole conoscenza del decreto di citazione a giudizio.
La sentenza in commento contiene altresì un interessante parallelo tra il testo dell’art. 175 e quello dell’art. 603 del codice di rito.
In particolare è evidenziato come le due norme non si raccordino in maniera perfetta laddove la possibilità di impugnazione garantita al contumace dalla norma di cui al secondo comma dell’art. 175 non corrisponde esattamente alla possibilità di rinnovare l’istruttoria prevista dal quarto comma dell’art. 603, condizionata a che la contumacia derivi da caso fortuito o da forza maggiore e che la mancata conoscenza del decreto di citazione non dipenda da un atteggiamento colposo o volontario.
Un contesto normativo secondo il quale non tutti gli imputati contumaci rimessi nel termine per impugnare godono di una ripetizione del giudizio, eppure la mera possibilità di appellare è insufficiente, se non accompagnata da rimedi volti a reintegrare il soggetto nei diritti e nelle facoltà non potute esercitare in primo grado.
Cassazione penale, sez. III, 20 gennaio 2011, n. 1805