Cassazione Penale, sez. I, 11 dicembre 2023, n. 49256
Caso Cospito: lo sciopero della fame praticato dal detenuto non giustifica il differimento della pena per motivi di salute
Con riferimento alla vicenda relativa ad Alfredo Cospito, volontariamente sottopostosi al cd. sciopero della fame, è stata depositata la sentenza con cui la Corte di cassazione si è pronunciata sulla rilevanza della condizione di salute precaria auto-procuratasi dal detenuto ai fini della valutazione sull’istanza di differimento della pena per motivi di salute.
Il detenuto – sottoposto al regime del carcere duro di cui all'articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario – aveva avviato uno sciopero della fame completo assumendo esclusivamente sale, acqua e zucchero come forma di protesta contro il regime detentivo suddetto, trattandosi, a suo avviso, di un istituto “inaccettabile e contrario ai principi costituzionali, nonché disumano sotto il profilo del trattamento e fortemente repressivo dei diritti dei detenuti”.
Viene dunque richiamata la costante giurisprudenza della sezione I della Cassazione penale circa il tema della incidenza della precaria condizione di salute autoprodotta dal detenuto secondo cui «i trattamenti sanitari nei confronti del detenuto sono incoercibili ma, se potenzialmente risolutivi di condizioni di salute deteriori, in forza delle quali il detenuto medesimo chiede il differimento della pena, o una misura alternativa alla detenzione, la loro accettazione si pone come condizione giuridica necessaria alla positiva valutazione della relativa richiesta» (il principio di diritto si trova chiaramente espresso nel dictum di Sez. 1, n. 5447 del 15/11/2019, dep. 2020, Bellanca, Rv. 278472)
In sez. 1, n. 7369 del 16/12/2022, dep. 2023, Zappone, Rv. 284257 è stato altresì chiarito quanto segue: «Il rifiuto del condannato, affetto da grave infermità fisica, di ricovero in un reparto detentivo dotato di struttura sanitaria di osservazione e monitoraggio di eventi critici costituisce condizione ostativa alla positiva valutazione della richiesta di differimento della pena o di applicazione di una misura alternativa alla detenzione, non potendo essere consentito al predetto di ostacolare le iniziative di cura di cui necessita, così da rimettere surrettiziamente alla sua scelta la permanenza in un istituto detentivo»).
Sulla scorta di tali principi è stata ritenuta corretta la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Milano che ha ritenuto come la condizione clinica del condannato sia, in concreto, inevitabile conseguenza della sua precisa scelta di non alimentarsi e che tale opzione sia – in modo radicale – ostativa alla positiva valutazione dell’istanza istanza di differimento della pena per motivi di salute.
Cassazione Penale, sez. I, 11 dicembre 2023, n. 49256