Cassazione civile, sez. I, 1 febbraio 2008, n. 2460
In tema di rovina e difetti di cose immobili, l’art. 1669 CC prevede, nel corso di dieci anni dal compimento dell’opera, due termini per far valere la responsabilità dell’appaltatore: il primo, di decadenza, relativo alla denuncia dei gravi difetti o del pericolo di rovina, è di un anno dalla scoperta dei difetti o vizi; il secondo, prescrizionale, per l’esercizio dell’azione di responsabilità, è di un anno dalla denuncia. Tali termini sono interdipendenti, nel senso che, ove uno soltanto di essi non sia rispettato, la responsabilità dell’appaltatore nei confronti del committente non può più essere fatta valere (cfr. Cass. 30.7.2004, n. 14561). Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, il termine di un anno per la denuncia previsto dall’art. 1669 a pena di decadenza dall’azione di responsabilità, decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti (cfr. fra le altre Cass. 13 gennaio 2005, n. 567).
Nella specie, la Cassazione ha ritenuto che la conoscenza dei vizi, idonea ad incardinare il dies a quo del termine decadenziale per la denuncia da parte del committente, poteva coincidere con l’acquisizione delle relazioni peritali dell’USL, che sarebbero poi state assunte a ragione del diniego del certificato di abitabilità, con le quali veniva constatata, negli appartamenti oggetto di appalto, la presenza di muffa, di macchie di umidità e di danni ai serramenti.
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Cassazione civile, sez. I, 1 febbraio 2008, n. 2460