Cassazione penale, sez. unite, 25 luglio 2008, n. 31416
Il quesito sottoposto all’esame delle Sezioni Unite è il seguente: se in sede di determinazione della pena da eseguire debba computarsi a norma dell’art. 657 c.p.p. il periodo di custodia cautelare subito per un altro reato, anche nel caso in cui il condannato abbia ottenuto, per il medesimo periodo, un’equa riparazione per ingiusta detenzione.
La questione non può prescindere dall’esame dell’art. 314, 4 comma c.p.p. in base al quale, in tema di riparazione per ingiusta detenzione, “Il diritto alla riparazione è escluso per quella parte della custodia cautelare che sia computata ai fini della determinazione della misura di una pena ovvero per il periodo in cui le limitazioni conseguenti all’applicazione della custodia siano state sofferte anche in forza di altro titolo”.
Dalla norma la giurisprudenza ha ricavato l’ulteriore e speculare principio secondo cui «chi ha ottenuto la riparazione non può più beneficiare della fungibilità con riguardo ad un identico periodo di carcerazione senza titolo» In particolare, secondo un certo orientamento giurisprudenziale occorre evitare un’ingiustificata disparità di trattamento fra chi, avendo ottenuto la fungibilità non potrebbe conseguire la riparazione – come previsto dalla norma dell’art. 314 c.p.p.- e chi, invece, avendo ottenuto la riparazione avrebbe diritto anche alla fungibilità» (Cass. n. 3488/1999; Cass. n. 1896/2004; Cass. n. 10366/2004).
Le Sezioni Unite hanno invece ritenuto di aderire all’opposto orientamento, secondo l’impostazione già adottata dalla sentenza n. 358 del 2004, per cui deve riconoscersi, in generale e senza individuare limitazioni, l’applicabilità del beneficio della fungibilità, anche se il condannato abbia ottenuto la riparazione per l’ingiusta detenzione.
La soluzione tracciata dalla Corte si snoda attraverso il passaggio obbligato dalla tutela della libertà dell’individuo per cui va privilegiato in via diretta il bene primario ed indisponibile della liberà personale non essendo concepibile la surroga della libertà con beni i materiali rappresentati dal risarcimento per ingiusta detenzione.
In conclusione le Sezioni Unite, ulteriormente argomentando in ordine all’interpretazione degli artt. 657 e 314 c.p.p. ed al collegamento tra le due norme – per cui si rimanda al testo integrale della sentenza – hanno affermato il seguente principio di diritto:
«il pubblico ministero nel determinare la pena che un soggetto deve espiare è tenuto a computare a norma dell’art. 657 c.p.p. il periodo di custodia cautelare che il condannato ha subito per un altro reato, anche nel caso in cui il medesimo abbia per detto periodo ottenuto un’equa riparazione per l’ingiusta detenzione».
Infine, a chiusura del ragionamento ed onde ristabilire un completo piano di equità, evitando che l’interessato consegua una indebita locupletazione ai danni dello Stato – trattenendo le somme versate a titolo di riparazione e contemporaneamente beneficiando della riduzione della pena da eseguire – viene precisato che:
a) in via preventiva, il giudice investito della richiesta di riparazione può sospendere il relativo procedimento, ove gli risulti l’esistenza di una condanna non ancora definitiva a pena dalla quale possa essere scomputato il periodo di custodia cautelare cui la detta richiesta si riferisce;
b) qualora invece la somma liquidata a titolo di riparazione sia stata corrisposta prima della detrazione del periodo di custodia cautelare nella determinazione della pena complessiva da eseguire, lo Stato può agire per il recupero della ridetta somma esperendo azione di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c.
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Cassazione penale, sez. unite, 25 luglio 2008, n. 31416