Cassazione penale, sez. IV, 28 gennaio 2009, n. 13816
«… il difensore d’ufficio dell’indagato, dell’imputato e del condannato irreperibile è retribuito secondo le norme relative al patrocinio a spese dello Stato; ciò presuppone un previo provvedimento di irreperibilità reso dall’autorità giudiziaria nella fase delle indagini preliminari, del giudizio o, in sede di esecuzione, dopo la condanna.
Ne consegue che in assenza di detto provvedimento, la mera irreperibilità di fatto del difeso debitore può dar luogo alla corresponsione del compenso al professionista che abbia prestato la sua opera solo alla condizione che quest’ultimo dimostri di avere esperito inutilmente le procedure per il recupero del relativo credito, che non possono consistere solo nelle previe informative assunte circa l’individuazione del reale domicilio dell’obbligato ( Cass. n. 10804/2002.; conformi Cass. n. 32284/2003; Cass. n. 4153/2007).
Tale interpretazione deriva dal combinato disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 116, comma 1, e art. 117, comma 1. Tale ultima norma riconosce al difensore di ufficio dell’imputato irreperibile il diritto di ottenere la liquidazione dell’onorario e della spese, mentre la norma precedente riconosce al difensore di ufficio dell’imputato il diritto di ottenere la liquidazione dell’onorario e della spese, “quando il difensore dimostra di avere esperito inutilmente le procedure per il recupero dei crediti professionali”.
È quindi evidente che il cit. D.P.R., art. 117 si riferisce unicamente all’imputato dichiarato irreperibile in modo “formale”, non essendo in tal caso necessaria alcuna ricerca, mentre la situazione di irreperibilità “di fatto” va inquadrata nel paradigma dell’art. 116 e quindi presuppone l’attivazione, seppure vana, delle procedure per il recupero dei crediti professionali.
In altre parole, l’irreperibilità di fatto ha un suo valore e significato e può legittimare il diritto del difensore di ufficio ad ottenere il pagamento degli onorari e delle spese, ma presuppone una condotta dell’avvocato tale da supplire alla mancanza di un provvedimento formale, dimostrando la impossibilità di ottenere nell’immediato il pagamento del proprio credito professionale».
Cassazione penale, sez. IV, 28 gennaio 2009, n. 13816