Cassazione penale, sez. IV, 13 luglio 2009, n. 28571
In tema di remissione di querela l’art. 155 del c.p. dispone che la stessa “non produce effetto, se il querelato l’ha espressamente o tacitamente ricusata. Vi è ricusa tacita, quando il querelato ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di accettare la remissione”.
Sul punto la Corte ha ribadito l’indirizzo interpretativo secondo il quale la verifica giudiziale dell’accettazione della remissione della querela non riguarda l’esistenza in tal senso di una manifestazione positiva, espressa o tacita, da parte dell’imputato, bensì la mancanza di un rifiuto dell’accettazione, desumibile da dichiarazioni o fatti concludenti (in tal senso, “ex plurimis”, Cass. Pen, sez.V, n. 30614/2008 ).
In definitiva, ciò che il giudice deve verificare non è l’accettazione da parte dell’imputato ma, più semplicemente, la mancanza di un rifiuto, sia esso desumibile da dichiarazioni o fatti concludenti.
Ne consegue che anche nel caso di imputato non comparso (assente o contumace) può essere apprezzata la mancanza di un rifiuto. Nella assenza (o nella contumacia) dell’imputato, infatti, non sono apprezzabili segni positivi della volontà di costui di coltivare il processo per giungere alla rilevazione della propria innocenza.
In particolare, nel caso di specie, il giudicante nel merito ha interpretato la condotta dell’imputato – non comparso pur dopo essere stato espressamente avvisato che la sua mancata comparizione sarebbe stata considerata quale accettazione tacita della remissione di querela – quale espressione della volontà di accettazione (tacita) della remissione stessa.
Cassazione penale, sez. IV, 13 luglio 2009, n. 28571