Corte di Giustizia UE, 16 marzo 2010, C. 325-08
La Corte di Cassazione francese ha chiesto alla Corte di Giustizia CE se il principio di libera circolazione dei lavoratori consenta alle società che abbiano provveduto alla formazione di giocatori “promessa” di impedire loro la conclusione di un contratto come giocatori professionisti con una società calcistica di un altro Stato membro, laddove la conclusione di un tale contratto li esponga alla condanna al risarcimento del danno.
La Corte ha anzitutto precisato che l’attività svolta da un giocatore “promessa” alle dipendenze di una data società sportiva costituisce un’attività economica e ricade pertanto nella sfera del diritto dell’Unione.
Secondo la Carta dei calciatori professionisti della Federazione francese del gioco del calcio vigente al tempo dei fatti di causa i giocatori “espoir” (“promessa”) sono giocatori di calcio di età compresa tra i 16 e i 22 anni assunti da una società calcistica professionistica, con un contratto a tempo determinato, in qualità di giocatori in formazione.
Detta Carta obbligava il giocatore “promessa”, nel caso in cui la società che ne aveva curato la formazione glielo avesse imposto, a sottoscrivere, al termine della formazione, il suo primo contratto di giocatore professionista con la società medesima, a pena del risarcimento del danno.
La Corte ha quindi rilevato che il regime in esame è idoneo a dissuadere il giovane calciatore dall’esercizio del suo diritto alla libera circolazione e che, conseguentemente, costituisce una restrizione alla libera circolazione dei lavoratori.
Tuttavia, come la Corte ha già avuto modo di rilevare nella sentenza Bosman, considerata la notevole importanza sociale nell’Unione dell’attività sportiva e, in particolare, del gioco del calcio, deve essere riconosciuto legittimo l’obiettivo di incoraggiare l’ingaggio e la formazione di giovani giocatori.
Al fine di esaminare se un sistema che restringe il diritto alla libera circolazione dei giocatori sia idoneo a garantire la realizzazione di tale obiettivo e non vada al di là di quanto necessario per il suo conseguimento, si deve tener conto delle specificità dello sport in generale e del calcio in particolare, al pari della loro funzione sociale ed educativa.
Orbene, secondo la Corte, la prospettiva di percepire indennità di formazione è idonea ad incoraggiare le società a cercare calciatori di talento e ad assicurare la formazione dei giovani giocatori.
A tal riguardo, la Corte ha precisato che un sistema che preveda il pagamento di un’indennità di formazione nel caso in cui un giovane giocatore, al termine della propria formazione, concluda un contratto come giocatore professionista con una società diversa da quella che lo ha formato può essere giustificato, in linea di principio, dall’obiettivo di incoraggiare l’ingaggio e la formazione di giovani giocatori.
Tuttavia, un siffatto sistema dev’essere effettivamente idoneo a conseguire tale obiettivo e deve risultare proporzionato rispetto al medesimo, tenendo conto degli oneri sopportati dalle società per la formazione tanto dei futuri giocatori professionisti quanto di quelli che non lo diverranno mai.
Ne consegue che il principio della libera circolazione dei lavoratori ammette un sistema che, al fine di realizzare l’obiettivo di incoraggiare l’ingaggio e la formazione di giovani giocatori, garantisca alla società che ne abbia curato la formazione un indennizzo nel caso in cui il giovane giocatore, al termine del proprio periodo di formazione, concluda un contratto come giocatore professionista con una società di un altro Stato membro, a condizione che tale sistema sia idoneo a garantire la realizzazione del detto obiettivo e non vada al di là di quanto necessario ai fini del suo conseguimento.
Corte di Giustizia UE, 16 marzo 2010, C. 325-08