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Protocollo d’intesa con il CNF Cassazione sulla redazione del ricorso in cassazione penale.

Redazionedi Redazione18 Settembre 2016Aggiornato il:18 Settembre 2016
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PROTOCOLLO D’INTESA TRA LA CORTE DI CASSAZIONE E IL CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE SULLE REGOLE REDAZIONALI DEI MOTIVI DI RICORSO IN MATERIA PENALE
REDAZIONE DEL RICORSO PENALE

PROTOCOLLO D’INTESA TRA LA CORTE DI CASSAZIONE E IL CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE SULLE REGOLE REDAZIONALI DEI MOTIVI DI RICORSO IN MATERIA PENALE

La constatazione dell’esistenza di un sempre maggior numero di ricorsi caratterizzati da un sovradimensionamento dell’esposizione dei motivi di impugnazione e delle argomentazioni a supporto aveva indotto il Primo Presidente della Corte di cassazione, fin dal suo insediamento, ad una attenta riflessione sull’importanza della sinteticità e chiarezza cui dovrebbero attenersi, riconoscendovi i due irrinunciabili poli attorno ai quali far ruotare l’intera esperienza giudiziale, tanto le sentenze, quanto i ricorsi e gli atti difensivi delle parti.
Nella ferma consapevolezza che sia più adeguata a rendere efficacemente giustizia una sentenza che abbia una motivazione sintetica e facilmente comprensibile nei diversi passaggi decisionali, piuttosto che una “sentenza trattato”, preoccupata più di “fare dottrina” che di convincere il cittadino che ne è destinatario sulla soluzione adottata, si è molto insistito da parte del Primo Presidente sulla necessità di incrementare la scelta della c.d. “motivazione semplificata”, per quanto riguarda le decisioni che non pongano problemi di nomofìlachia.
Ma altrettanta consapevolezza è stata acquisita sul fatto che l’auspicata, e sempre più auspicabile, sinteticità e chiarezza della sentenza non potesse rimanere un fatto isolato, dovendosi necessariamente applicare anche agli atti delle parti.
Con questo spirito il Primo Presidente aveva ritenuto opportuno avviare un dialogo tra avvocatura e magistratura funzionale ad un “miglioramento” della reciproca intelligenza degli atti processuali, suggerendo come primo obiettivo una significativa riduzione della dimensione dei ricorsi, in modo da poterne contenere la stesura in un ragionevole numero di pagine, sempre tenendo conto della eventuale maggiore o minore complessità dell’impugnazione.
Con questa motivazione il Primo Presidente inviava al Presidente del Consiglio Nazionale Forense una lettera nella quale evidenziava come alla chiarezza e sinteticità della sentenza dovessero necessariamente correlarsi analoghe caratteristiche degli atti di parte, sottolineando come lo sviluppo di pratiche simili potesse avere un notevole effetto anche sulla qualità della risposta alla domanda di giustizia.
Nella ricordata missiva si richiamava l’indirizzo assunto dal regolamento processuale della Corte europea dei diritti dell’uomo (in specie art. 47 § 1 e 4 e note guida all’utilizzo del formulario), nonché l’iniziativa, a quel tempo ancora non formalizzata in apposite regole, assunta dal Consiglio di Stato, suggerendo, per i ricorsi e le memorie, che tali atti fossero contenuti nel limite di 20-25 pagine, con l’invito, ove la complessità del gravame non consentisse di rispettare questo limite, a formulare, all’inizio di ogni atto, una distinta ed evidenziata sintesi del contenuto dell’atto stesso in non più di cin- quanta righe (circa due pagine).
Non mancava un richiamo al problema del c.d. principio di autosufficienza, evidenziando come quest’ultimo non comportasse la completa trascrizione nel ricorso stesso delle difese e dei documenti, la cui omessa e non corretta valutazione da parte del giudice di merito fosse oggetto dei motivi di impugnazione: e rispondendo sul punto al Presidente del Consiglio Nazionale Forense, nel dicembre 2013, il Primo Presidente precisava che i timori dell’avvocatura in ordine al suddetto principio erano frutto più di un fraintendimento, che di una effettiva realtà giurisprudenziale, ricordando che di un principio assai simile si trovava traccia nel formulario della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Dopo aver auspicato, con una lettera al Ministro, che la prevista riforma del pro- cesso civile prevista dal governo comportasse l’adozione di misure intese ad introdurre nell’ordinamento «il principio di sinteticità degli atti di parte e del giudice, da declinarsi anche in termini di tecnica di redazione e di misura quantitativa» e preso atto della emanazione da parte del Presidente del Consiglio di Stato del decreto n. 40 del 25 maggio 2015 (G.U. n. 128 del 5 giugno 2015) sulle dimensioni del ricorso e degli altri atti difensivi, il Primo Presidente sollecitava un nuovo contatto con il Presidente del Consiglio Nazionale Forense.
Nella nuova lettera si chiariva di non voler stabilire regole che determinassero conseguenze di tipo sanzionatorio (di qualsiasi tipo) sugli atti processuali eventualmente non ottemperanti agli stabiliti criteri di chiarezza e sinteticità. Allo stesso tempo si annunciava l’intenzione di arrivare ad una disciplina concreta del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, fissando quali dovessero esserne i limiti.
In verità da qualche tempo era stata avviata in seno alla Corte una nuova riflessione sul senso da attribuire al principio di autosufficienza, ammettendo che con tale formula la giurisprudenza della Corte abbia inteso richiamare il rispetto dei canoni di specificità, completezza e chiarezza del motivo. Ora alla luce della riforma dell’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ. appariva necessario chiedersi se il richiamato principio possa essere inteso nel senso che, fermo l’onere irrinunciabile di specificità dei motivi di impugnazione, il ricorrente sia soggetto ad un ulteriore “onere di (puntuale) indicazione”, con riferimento agli atti e documenti del giudizio, del “tempo” (atto introduttivo, memorie, ecc., in primo o secondo grado) e del “luogo” (pagina, paragrafo, ecc., dei citati atti) ove sia stata formulata una determinata eccezione o prodotto un determinato documento, senza doverne trascrivere integralmente il contenuto.
Dopo l’insediamento del nuovo Consiglio Nazionale Forense, avvenuto nell’aprile 2015, il Presidente della Corte Suprema di Cassazione ed il Presidente del CNF incaricavano una commissione mista, composta da magistrati del Segretariato Generale della Corte e Avvocati componenti del Consiglio Nazionale Forense, con il compito di elaborare un progetto comune sulla sinteticità e chiarezza degli atti processuali, che prevedesse anche la formulazione di uno schema di redazione dei ricorsi, funzionale a facilitarne la lettura e la comprensione. Dai lavori è risultata l’elaborazione del documento che segue.

Protocollo d’intesa sulle regole redazionali degli atti processuali
La Corte di cassazione, in persona del Primo Presidente Giorgio Santacroce, e il Consi- glio Nazionale Forense, in persona del Presidente Andrea Mascherin, nella convinzione che i tempi siano maturi per una comune presa d’atto:
1) delle difficoltà ingenerate nella gestione dei procedimenti innanzi alla Corte di cassazione: a) dal moltiplicarsi di ricorsi, motivi aggiunti e memorie sovradi- mensionati nell’esposizione di motivi ed argomentazioni, da un lato, e b) dalla riscontrata incomprensione del senso e dei limiti del c.d. principio di autosuffi- cienza del ricorso affermato dalla giurisprudenza, dall’altro;
2) considerato che il sovradimensionamento degli atti difensivi di parte sia di osta- colo alla effettiva comprensione del loro contenuto essenziale, con effetti nega- tivi sulla chiarezza e celerità della decisione;
3) considerato altresì che il suddetto sovradimensionamento possa essere, almeno in parte, frutto della ragionevole preoccupazione dei difensori di non incorrere nelle censure di inammissibilità per difetto di autosufficienza, con la conseguen- te necessità che di tale principio meglio si definiscano i precisi limiti alla luce di effettivi e concreti dati normativi;
4) ritenuto che una notevole semplificazione possa derivare dall’adozione di uno schema redazionale dei ricorsi, che ne definisca il contenuto e ne agevoli l’immediata comprensione da parte del giudicante, senza che l’eventuale manca- to rispetto della regola della sinteticità comporti un’automatica sanzione di tipo processuale;
stipulano la presente intesa sulle raccomandazioni che seguono.

 

REDAZIONE DEL RICORSO PENALE

PREMESSA
Al fine di dare applicazione concreta al criterio di sinteticità e chiarezza, ottemperare al principio di autosufficienza, facilitare la verifica della iscrizione dei difensori nell’albo dei Cassazionisti e, in ultimo, rendere gli atti cartacei facilmente leggibili e compatibili con le esigenze informatiche, nella redazione dovranno applicarsi le se- guenti indicazioni.

CARATTERI E IMPAGINAZIONE
Utilizzare fogli A4 (naturalmente anche intestati);
margine orizzontale sinistro 3,5 cm (così che non sia di impedimento in caso di fascico- lazione);
margine orizzontale destro almeno 2,5 cm margini verticali 2,5 cm
carattere preferibilmente Verdana (facilita la modificazione del formato), dimensione di almeno 12 pt nel testo e con un’interlinea 1,5.

STRUTTURA DELL’ATTO
In linea con le previsioni del codice di procedura penale l’atto dovrà contenere i se- guenti elementi secondo le indicazioni dello schema:
1) parte ricorrente;
2) provvedimento impugnato;
3) indicazione della norma incriminatrice;
4) eventuale altro riferimento normativo attinente all’oggetto del ricorso;
5) esposizione dei motivi, ciascuno articolato come segue:
– epigrafe
– esposizione
– precisazioni;
6) conclusioni;
7) indicazione degli atti oggetto delle censure dedotte con i motivi del ricorso;
8) sottoscrizione;
9) indice degli allegati.

MOTIVI
Con specifico riferimento ai motivi di impugnazione, i vizi di legittimità dovranno essere esposti distinguendo le singole doglianze con riferimento ai casi dell’articolo 606 cod.proc.pen. ovvero ad altre norme.
Ogni motivo dovrà essere introdotto da una epigrafe che indichi il vizio dedotto, le norme che si assumono violate e i riferimenti alla fattispecie prevista dall’artico lo 606 cod.proc.pen. ovvero ad altre norme.
L’esposizione dei motivi, avente caratteristiche di sinteticità e chiarezza, dovrà evitare la riproduzione del contenuto degli atti processuali oggetto del gravame essendo sufficiente la specifica indicazione degli stessi integrata dalla elencazione di seguito prevista.
Dovranno evitarsi altresì ridondanti trascrizioni di riferimenti giurisprudenziali.
In calce ad ogni singola doglianza saranno precisati, in relazione a quanto speci- ficamente esposto, Loggetto, il contenuto, le implicazioni del vizio dedotto.
La redazione dei motivi aggiunti seguirà le medesime indicazioni.

CONCLUSIONI
Il ricorso conterrà le richieste relative ai motivi esposti nonché eventuali doman- de di sospensione della esecuzione della condanna civile o di dichiarazione di estinzione del reato o di misure cautelari.

INDICAZIONE DEGLI ATTI PROCESSUALI
Al fine di dare compiutezza all’onere di indicazione, gli atti che dovranno essere oggetto di valutazione saranno specificamente elencati unitamente agli elementi utili al- lo loro reperibilità nel fascicolo ( affoliazione, faldone ecc…), così da renderli facilmen- te consultabili.

SCHEMA DA SEGUIRE NELLA REDAZIONE PARTE PRIVATA RICORRENTE
– cognome e nome
– luogo e data di nascita
– codice fiscale
– luogo di residenza o di eventuale domicilio dichiarato o eletto
(se persona giuridica indicare la denominazione o ragione sociale, la sede e il legale rap- presentante, P. IVA)
dati
del difensore (cognome e nome, studio legale, codice fiscale, PEC, data di iscrizione nell’albo speciale della corte di cassazione), specificando se si tratta del difensore di fiducia o di ufficio
– eventuale procura speciale

PROVVEDIMENTO IMPUGNATO
Indicare gli estremi del provvedimento impugnato:
-tipo di provvedimento (sentenza, ordinanza, decreto);
-autorità giudiziaria che lo ha emesso e sezione;
-numero del provvedimento, data della decisione, data del deposito, data della notifica dell’avviso di deposito (se notificato); specificare se si tratta di provvedimento emesso dal giudice di rinvio a seguito di sentenza di annullamen- to da parte della Corte di cassazione;
-oggetto e tenore della decisione
sentenza di condanna, di proscioglimento, di non luogo a procedere;
sentenza ex art.444 cod. proc. pen.;
sentenza di incompetenza o in materia di giurisdizione;
sentenza pronunciata nel giudizio di revisione;
ordinanza o decreto di archiviazione;
ordinanza emessa a seguito di riesame o appello relativi a misura cautelare per- sonale o reale;
ordinanza di convalida dell’arresto o del fermo;
ordinanza in materia di esecuzione e sorveglianza;
ordinanza di inammissibilità dell’impugnazione;
ordinanza di inammissibilità della dichiarazione di ricusazione;
ordinanza emessa in camera di consiglio ex art. 127 cod. proc. pen.;
ordinanza che respinge la richiesta di restituzione nel termine;
decreto in materia di misure di prevenzione;
sentenze in materia di estradizione, di riconoscimento delle sentenze penali stra- niere e di esecuzione all’estero di sentenze penali italiane, di mandato di arresto europeo;
sentenza emessa dalla Corte di cassazione, in caso di ricorso straordinario; altro

INDICAZIONE DELLA NORMA INCRIMINATRICE
EVENTUALE ALTRO RIFERIMENTO NORMATIVO RELATIVO ALL’OGGETTO DEL RICORSO

MOTIVI
a) EPIGRAFE ” “ ~~
b) ESPOSIZIONE SPECIFICA DEL MOTIVO
c) OGGETTO, CONTENUTO, IMPLICAZIONI DEL VIZIO DEDOTTO

CONCLUSIONI
INDICAZIONE DEGLI ATTI OGGETTO DELLE CENSURE DEDOTTE CON I MOTIVI E DELLA LORO COLLOCAZIONE IN ATTI

ALLEGATI
indice degli allegati
copia della nomina del difensore di fiducia, se nominato solo
per la proposizione del ricorso;
.eventuali ulteriori allegati.
Redatto in due originali in Roma il giorno 17 dicembre 2015

Articolo tratto da: Consiglio Nazionale Forense

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