Cassazione civile, sez. I, 25 febbraio 2005, n. 4090
Il termine per l’esercizio dell’azione di disconoscimento della paternità da parte del marito ex art. 235 c.c. è di un anno che decorre, secondo la lettera dell’art. 244, 2 comma del medesimo codice, dal giorno della nascita del figlio, se egli si trovava in tale luogo, ovvero, se egli ne era lontano, dal giorno del suo ritorno nel luogo di nascita del figlio o in cui si trova la residenza familiare. In ogni caso, se il marito prova di non aver avuto notizia della nascita in detti giorni, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia.
Tale formulazione della norma è stata tuttavia dichiarata incostituzionale con sentenza n. 124/2005 nella parte in cui, nel disciplinare i termini per l’azione di disconoscimento della paternità da parte del padre, non dispone per il caso di adulterio della moglie o di occultamento della gravidanza (art. 235, n. 3), che il termine dell’azione di disconoscimento decorra dal giorno in cui il marito sia venuto a conoscenza dell’adulterio della moglie.
Così disponendo infatti la norma viola il diritto del padre di agire in giudizio per il disconoscimento, irrazionalmente negandogli – in contrasto con l’art. 24, 1 comma, Cost. – nel caso della scoperta dell’adulterio oltre un anno dopo la nascita del figlio, il diritto di avvalersi della facoltà che l’art. 235 cod. civ. gli attribuisce, ovvero di provare “che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre, o ogni altro fatto tendente ad escludere la paternità”.
Nel caso di specie viene invece affrontato il problema opposto, ovvero quello della fissazione del “dies a quo” per il decorso del termine per l’azione di disconoscimento nel caso in cui il marito sia venuto a conoscenza dell’adulterio della moglie (nel caso concreto per di lei confessione) antecedentemente alla nascita del figlio, pur tuttavia continuando la coabitazione ed avendo avuto successivi rapporti sessuali con la partner.
In tale ipotesi secondo la Suprema Corte il termine annuale deve farsi decorrere comunque dalla data della nascita (o della sua effettiva conoscenza) e non dalla data successiva in cui, a seguito degli opportuni accertamenti medici ed ematologici, il marito abbia avuto scientifica certezza di non essere il padre biologico del neonato, considerato il ragionevole dubbio derivante dalla prosecuzione del rapporto coniugale a seguito dell’adulterio.
Una diversa esegesi del suddetto art. 244, osserva la Corte, produrrebbe un differimento a tempo indeterminato l’azione di disconoscimento, facendone decorrere il termine di proponibilità dai risultati di un’indagine (stragiudiziale) cui non è dato a priori sapere se e quando i genitori possano addivenire con sacrifico irragionevole dei valori di certezza e stabilità degli status e dei rapporti familiari, a garanzia dei quali la norma è viceversa predisposta.
Clicca e scarica il testo integrale della sentenza ⇣
Cassazione civile, sez. I, 25 febbraio 2005, n. 4090