Cassazione penale, sez. III, 22 dicembre 2008, n. 47450
«Come costantemente affermato da questa Corte, in tema di violazioni di sigilli, il custode è obbligato ad esercitare sulla cosa sottoposta a sequestro e sulla integrità dei relativi sigilli, una custodia continua ed attenta.
Egli non può sottrarsi a tale obbligo se non adducendo oggettive ragioni di impedimento e, quindi, chiedendo ed ottenendo di essere sostituito, ovvero, qualora non abbia avuto il tempo e la possibilità di farlo, fornendo lo prova del caso fortuito o della forza maggiore che gli abbiano impedito di esercitare la dovuta vigilanza.
Ne consegue che, qualora venga accertata la violazione dei sigilli, senza che il custode abbia provveduto ad avvertire dell’accaduto l’autorità, è lecito ritenere che detta violazione sia opera dello stesso custode, da solo o in concorso con altri, tranne che lo stesso non dimostri di non essere stato in grado di avere conoscenza del fatto per caso fortuito o forza maggiore: Ciò non configura alcuna ipotesi di responsabilità oggettiva, estranea alla fattispecie, ma un onere della prova che incombe sul custode (cfr. ex multis Cass.pen. sez.VI, 11 maggio 1993 n.4815; conf. Cass.pen.sez. III n. 2989 del 28.1.2000).
Risponde, pertanto, del reato di cui all’art.349 c.p. il custode che non dimostri l’esistenza del caso fortuito o della forza maggiore, dal momento che su di lui grava l’obbligo di impedire la violazione dei sigilli (cfr.Cass.pen., sez.III, 24.5.2006 n. 19424)».
Cassazione penale, sez. III, 22 dicembre 2008, n. 47450