Cassazione civile, sez. I, 17 luglio 2013, n. 17462
Il soggetto nato all’estero (nella fattispecie in un paese di cultura spagnola da genitori stranieri) e registrato con due cognomi conseguita anche la cittadinanza italiana per aver risieduto in Italia per oltre dieci anni, ha diritto a portare anche in Italia il proprio doppio cognome.
L’art. 98, comma 2, del d.p.r. n. 396 del 2000, recante il nuovo regolamento dello stato civile, prevede che l’ufficiale di stato civile, allorché riceve, per la trascrizione, un atto di nascita relativo ad un cittadino italiano nato all’estero da genitori legittimamente uniti in matrimonio ovvero relativo a cittadino italiano riconosciuto come figlio (naturale), ai sensi dell’art. 262, primo comma, cod.civ., al quale sia stato imposto un cognome diverso da quello spettante per la legge italiana, lo corregga immediatamente mediante annotazione.
In attuazione di tale norma, ai cittadini italiani nati nei predetti Paesi di cultura spagnola, il cognome imposto alla nascita deve essere corretto in Italia eliminando il cognome della madre e aggiungendo, se il padre è straniero e porta due cognomi, il secondo cognome paterno. Ciò in quanto l’art. 24 della legge n. 218 del 1995, recante la riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, dispone che alla materia dei diritti della persona, fra i quali si annovera il diritto al nome, si applica la normativa del Paese di cui il soggetto è cittadino.
In proposito, mentre la circolare del Ministero dell’Interno n. 27 del 2004 prevedeva che detto principio dovesse valere pure in caso di doppia cittadinanza, e che quindi il soggetto che possedesse più cittadinanze, tra le quali quella italiana, dovesse portare, in Italia, il cognome del padre, nella successiva circolare dello stesso dicastero emessa il 15 maggio 2008 tale interpretazione è stata rivista, anche alla luce della giurisprudenza comunitaria
La predetta circolare ministeriale del 2008, con riguardo alla specifica ipotesi di cittadino italiano in possesso anche della cittadinanza di un Paese UE, o anche extraeuropeo (e, deve aggiungersi, a fortiori per uno straniero che abbia successivamente acquisito anche la cittadinanza italiana), ha escluso la possibilità di correggere, senza il consenso dell’interessato, il cognome attribuito nell’altro Paese di cittadinanza secondo le norme ivi vigenti.
In realtà, anche alla stregua della considerazione che il nome è incontrovertibilmente un diritto della personalità, tutelato anche a livello costituzionale, oltre che dalla normativa ordinaria (art. 6 cod.civ.), deve ritenersi che una modifica coattiva del cognome potrebbe essere consentita solo in presenza di diritti di rango parimenti elevato.
In tale chiave esegetica va, dunque, letto anche l’art. 1, comma 2, della Convenzione di Monaco sui cognomi e nomi adottata a Monaco il 5 settembre 1980 e ratificata in Italia con legge 19 novembre 1984, n. 950, il quale stabilisce che, in caso di cambiamento della nazionalità, viene applicata la legge dello Stato di nuova nazionalità, in quanto l’acquisizione di una doppia cittadinanza non implica cambiamento di nazionalità.
Alla stregua dei principi affermati, il ricorrente, nato in Perù da genitori stranieri, e che ha conseguito anche la cittadinanza italiana per aver risieduto in Italia per oltre dieci anni, ha diritto a portare anche in Italia il proprio doppio cognome.
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Cassazione civile, sez. I, 17 luglio 2013, n. 17462