Corte Costituzionale, 29 luglio 2008, n. 306
Risultano oggetto di censura e di conseguente dichiarazione di illegittimità costituzionale le norme di cui all’art. 80, comma 19, della L. 388/2000 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001) e dell’art. 9 del d.lgs. 286/1998 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) nella parte in cui risulta esclusa l’attribuzione dell’indennità di accompagnamento di cui all’art. 1 della legge 11 febbraio 1980, n. 18 agli stranieri extracomunitari soltanto perché non risultanti in possesso dei requisiti di reddito già stabiliti per la carta di soggiorno (ed ora previsti, per effetto del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3).
La prima delle due norme richiamate prevede infatti che “l’assegno sociale e le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali sono concessi, alle condizioni previste dalla legislazione medesima, agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno; per le altre prestazioni e servizi sociali l’equiparazione con i cittadini italiani è consentita a favore degli stranieri che siano almeno titolari di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno”.
L’art. 9 del d.lgs. 286/1998 subordina l’attribuzione del rilascio del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo al possesso di specifici requisiti, anche reddituali (possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità, che dimostra la disponibilità di un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale e, nel caso di richiesta relativa ai familiari, di un reddito sufficiente secondo i parametri indicati nell’articolo 29, comma 3, lettera b))
Al legislatore italiano è certamente consentito dettare norme, non palesemente irragionevoli e non contrastanti con obblighi internazionali, che regolino l’ingresso e la permanenza di extracomunitari in Italia. È possibile, inoltre, subordinare, purché in maniera non irragionevole, l’erogazione di determinate prestazioni alla circostanza che il titolo di legittimazione dello straniero al soggiorno nel territorio dello Stato ne dimostri il carattere non episodico e di non breve durata.
Una volta, però, che il diritto a soggiornare alle condizioni predette non sia in discussione, non si possono discriminare gli stranieri, stabilendo, nei loro confronti, particolari limitazioni per il godimento dei diritti fondamentali della persona, riconosciuti invece ai cittadini.
Sulla scorta di tali principi la Corte ritiene che sia manifestamente irragionevole subordinare l’attribuzione di una prestazione assistenziale quale l’indennità di accompagnamento prevista dall’art. 1 della legge 11 febbraio 1980, n. 18 – rientrante nelle prestazioni assistenziali e, più in generale, anche nella terminologia adottata dalla Corte di Strasburgo, attinente alla “sicurezza o assistenza sociale” – al possesso di un titolo di legittimazione alla permanenza del soggiorno in Italia che richiede per il suo rilascio, tra l’altro, la titolarità di un reddito. Detta indennità è infatti attribuita ai disabili non autonomamente deambulanti, o che non siano in grado di compiere da soli gli atti quotidiani della vita, per il solo fatto delle minorazioni e, quindi, indipendentemente da qualsiasi requisito reddituale.
Tale irragionevolezza incide sul diritto alla salute, inteso anche come diritto ai rimedi possibili. Ne consegue il contrasto delle disposizioni censurate non soltanto con l’art. 3 Cost., ma anche con gli artt. 32 e 38 Cost., nonché – tenuto conto che quello alla salute è diritto fondamentale della persona (vedi, per tutte, le sentenze n. 252 del 2001 e n. 432 del 2005) – con l’art. 2 della Costituzione.
Per i medesimi motivi, la normativa censurata viola l’art. 10, primo comma, della Costituzione, dal momento che tra le norme del diritto internazionale generalmente riconosciute rientrano quelle che, nel garantire i diritti fondamentali della persona indipendentemente dall’appartenenza a determinate entità politiche, vietano discriminazioni nei confronti degli stranieri, legittimamente soggiornanti nel territorio dello Stato.
In definitiva può pertanto affermarsi che in forza della suddetta pronuncia, seppure continua ad essere condizione necessaria al percepimento di detta indennità di carattere sociale il possesso del permesso di soggiorno in Italia da parte del cittadino extracomunitario, non può tuttavia esser negato il diritto all’indennità di accompagnamento se il diniego di detto documento dipenda esclusivamente dall’assenza dei requisiti reddituali previsti.
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Corte Costituzionale, 29 luglio 2008, n. 306