Cassazione civile, sez. lavoro, 17 maggio 2006, n. 11525
«Come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (v. 24/10/1991 n. 11329), “la situazione d’inabilità (impossibilità di deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore o necessità di assistenza continua per impossibilità di compiere gli atti quotidiani della vita), necessaria per l’attribuzione dell’indennità di accompagnamento della L. n. 18 del 1980, ex art. 1, può configurarsi anche con riguardo a bambini in tenera età, ancorchè questi, per il solo fatto di essere tali abbisognino comunque di assistenza, atteso che la legge, la quale attribuisce il diritto anche ai minori degli anni diciotto, non pone un limite minimo di età; “tenuto conto che detti bambini possono trovarsi in uno stato tale da comportare, per le condizioni patologiche del soggetto, la necessità di un’assistenza diversa, per forme e tempi di esplicazione, da quella occorrente ad un bambino sano” (v. anche da ultimo Cass. 29/1/2003 n. 1377 e Cass. 20/2/2003 n. 2523, che ha precisato che “i presupposti stabiliti per l’attribuzione di questa indennità non sono stati modificati a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 467 del 2002, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della L. n. 289 del 1990, art. 1, comma 3, nella parte in cui non prevedeva l’attribuzione dell’indennità di frequenza ai minori, mutilati o invalidi civili, che frequentano l’asilo nido, essendo quest’ultima indennità diversa e non equiparabile a quella di accompagnamento”).
In particolare Cass. S.U. n. 11329 del 1991, (in un caso di accoglimento della domanda relativa ad un bambino deceduto a meno di due anni, per leucosi acuta) ha osservato che:
Si deve ritenere che anche per gli infanti, che pure, per il solo fatto di essere tali abbisognano comunque di assistenza, può verificarsi una situazione, determinata dall’inabilità, la quale comporti che l’assistenza, per le condizioni patologiche in cui versi la persona, assuma forme e tempi di esplicazione ben diversi da quelli di cui necessita un bambino sano. Per il compimento degli atti della vita quotidiana, cui la legge ha riguardo, non esiste identità di situazioni tra soggetti sani e soggetti inabili, anche se, in un caso e nell’altro, di tenera età».
Cassazione civile, sez. lavoro, 17 maggio 2006, n. 11525