Cassazione penale, sez. unite, 4 febbraio 2009, n. 4932
Non è necessario provvedere all’interrogatorio di garanzia dell’indagato / imputato a seguito della sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari con quella più severa della custodia in carcere in esecuzione della previsione di cui all’art. 276 c.p.p. ovvero per effetto della trasgressione alle prescrizioni imposte e quindi dell’obbligo di non allontanarsi dal luogo di esecuzione della misura.
A fondamento di tale soluzione le SS.UU. ricordano che l’interrogatorio di garanzia non è previsto dall’art. 276 c.p.p. nelle diverse ipotesi ivi disciplinate né è possibile un’applicazione analogica dell’art. 294 c.p.p. alle ipotesi disciplinate dall’art. 276 essendo diversa la ratio delle due norme.
L’interrogatorio di garanzia previsto dall’art. 294 c.p.p. è infatti diretto a verificare la permanenza delle condizioni di applicabilità della misura cautelare ed, in particolare, la gravità indiziaria che potrebbe essere stata scalfita dalle dichiarazioni difensive della persona sottoposta alle indagini (o imputata se è stata già esercitata l’azione penale).
Detto interrogatorio ha inoltre la funzione di accertare la persistenza delle esigenze cautelari (che potrebbe essere venuta meno) nonché l’adeguatezza della misura applicata.
Diversamente nelle ipotesi previste dall’art. 276 c.p.p. non vengono in discussione né la gravità indiziaria né l’esistenza delle esigenze cautelari, già sussistenti e tali da giustificare l’applicazione di una misura cautelare, mentre si tratta eventualmente di valutare la sola esistenza delle condizioni di applicabilità della specifica misura disposta in sostituzione o cumulo, a seguito della violazione della precedente.
In ogni caso – sottolinea la Corte – «la persona nei cui confronti sia stato disposto l’aggravamento della misura non è affatto priva di tutela ben potendo, con gli ordinari mezzi, chiedere il ripristino dell’originaria misura proponendo poi le ordinarie impugnazioni previste (appello e ricorso in cassazione) nel caso di diniego».
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Cassazione penale, sez. unite, 4 febbraio 2009, n. 4932