Cassazione penale, sez. VI, 31 luglio 2018, n. 36827
Non costituiscono spese di rappresentanza quelle sostenute per il pagamento del pranzo di Natale, si configura pertanto il reato di peculato
La Suprema Corte ha ritenuto che debbano essere escluse dalle cosiddette “spese di rappresentanza” quelle sostenute dai vertici di un ente pubblico economico che, in occasione delle festività natalizie, avevano distratto consistenti somme di denaro per il pagamento di un munifico pranzo di Natale ai dipendenti dell’ente stesso.
Ai fini della configurabilità del reato di peculato possono considerarsi “spese di rappresentanza” solo quelle che soddisfino il duplice requisito di essere destinate alla realizzazione di un fine istituzionale dell’ente che le sostiene e di essere funzionali a soddisfare la funzione rappresentativa esterna dell’ente pubblico, al fine di accrescere il prestigio della sua immagine e la diffusione delle relative attività istituzionali.
Inoltre, nel delitto di peculato il concetto di appropriazione comprende anche la condotta di distrazione in quanto imprimere alla cosa una destinazione diversa da quella consentita dal titolo del possesso significa esercitare su di essa poteri tipicamente proprietari e, quindi, impadronirsene (per tutte, sez. 6, sent. n. 25258 del 04.06.2014, Rv. 260070).
È stata pertanto inevitabile la conclusione per cui la somma impegnata per pagare il pranzo di Natale ai dipendenti non potesse essere ricondotta ad una qualsivoglia altra finalità propria dell’ente pubblico, risultando così integrata appieno la nozione di distrazione, rilevante ai sensi dell’art. 314 c.p..
Art. 314 Codice Penale
Peculato
Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro anni a dieci anni e sei mesi.
Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.
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Cassazione penale, sez. VI, 31 luglio 2018, n. 36827