Eluana Englaro, la ragazza di Lecco in coma da sedici anni dopo un incidente stradale, adesso può morire. I giudici della Corte d’appello civile di Milano hanno concesso ai medici di staccare il sondino che l’alimenta.
Per i giudici della prima sezione civile della Corte d’Appello milanese è stato «inevitabile» giungere alla decisione di autorizzare lo stop del trattamento di alimentazione a Eluana Englaro, «accertata la straordinaria durata del suo stato vegetativo permanente, l’altrettanto straordinaria tensione del suo carattere verso la libertà e la sua visione della vita». Una concezione della vita – spiega il giudice estensore del provvedimento, consigliere Filippo Lamanna – «inconciliabile» con la perdita totale e irreversibile delle proprie facoltà psichiche e la sopravvivenza «solo biologica del suo corpo, in uno stato di assoluta soggezione passiva all’altrui volere».
Una conclusione cui i magistrati sono giunti, facendosi forti anche della valutazione del curatore speciale di Eluana Englaro, l’avvocato Franca Alessio, nominata proprio per «controllare la mancanza di interessi egoistici del tutore in potenziale conflitto con quelli di Eluana»
ell’ultima pagina del provvedimento, i giudici scrivono anche una sorta di prontuario al quale attenersi. Nel paragrafo intitolato «disposizioni accessorie cui attenersi in fase attuativa», i giudici scrivono: «Accogliendosi un esplicito richiamo della Suprema Corte a impartire qualche ulteriore disposizione pratica e cautelativa, in accordo con il personale medico e paramedico che attualmente assiste o verrà chiamato ad assistere Eluana, occorrerà fare in modo che l’interruzione del trattamento di alimentazione e idratazione artificiale con sondino naso-gastrico, la sospensione dell’erogazione di presidi medici collaterali (antibiotici o antinfiammatori ecc.) o di altre procedure di assistenza strumentale avvengano in hospice o altro luogo di ricovero confacente, ed eventualmente – se ciò sia opportuno e indicato in fatto dalla miglior pratica della scienza medica – con perdurante somministrazione di quei soli presidi già attualmente utilizzati atti a prevenire o eliminare reazioni neuromuscolari (come sedativi o antiepilettici) e nel solo dosaggio funzionale a tale scopo, comunque con modalità tali a garantire un adeguato e dignitoso accudimento accompagnatorio della persona (ad esempio anche con umidificazione frequente delle mucose, somministrazione di sostanze idonee a eliminare l’eventuale disagio da carenza di liquidi, cura dell’igiene e del corpo e dell’abbigliamento) durante il periodo in cui la sua vita si prolungherà dopo la sospensione del trattamento e in modo da rendere sempre possibili le visite, la presenza e l’assistenza, almeno dei suoi più stretti familiari».(Fonti: Corriere.it Repubblica.it)
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