A norma dell’art. 79 del codice civile «La promessa di matrimonio non obbliga a contrarlo né ad eseguire ciò che si fosse convenuto per il caso di non adempimento».
Essendo la libertà della persona, e con essa la libertà matrimoniale, un diritto fondamentale ed incomprimibile, la promessa di matrimonio è pertanto ritenuta dall’ordinamento priva di qualsiasi effetto vincolante, essendo inconcepibile, prima ancora che nel diritto, nella coscienza sociale, un vincolo a contrarre matrimonio.
Ne deriva che non può certamente attribuirsi a siffatta promessa natura negoziale (la promessa di matrimonio non è un contratto e neppure costituisce un vincolo giuridico tra le parti) e, quindi, di ritenere che il risarcimento previsto dall’art. 81 del codice civile sia conseguenza di un inadempimento contrattuale. Né il comportamento del nubendo promittente che recede dalla promessa può essere qualificato in termini di illecito extracontrattuale ex art. 2043 c.c., costituendo espressione di quel diritto personale fondamentale che è la libertà matrimoniale (cfr. Cass. Civ., sez. III, 9052 /2010).
Come osservato dal Tribunale di Reggio Calabria, sez. II, in una sentenza del 2003 “La rottura della promessa di matrimonio, anche se fatta senza giusto motivo, non è mai antigiuridica, perché non è non iure, e quindi non è mai produttiva di danni ingiusti”.
Diversi sono gli aspetti da rimarcare in ordine al risarcimento del danno previsto, in caso di scioglimento della promessa, dall’art. 81 del codice civile:
«La promessa di matrimonio fatta vicendevolmente per atto pubblico o per scrittura privata da una persona maggiore di età o dal minore ammesso a contrarre matrimonio a norma dell’articolo 84, oppure risultante dalla richiesta della pubblicazione, obbliga il promittente che senza giusto motivo ricusi di eseguirla a risarcire il danno cagionato all’altra parte per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa di quella promessa. Il danno è risarcito entro il limite in cui le spese e le obbligazioni corrispondono alla condizione delle parti.
Lo stesso risarcimento è dovuto dal promittente che con la propria colpa ha dato giusto motivo al rifiuto dell’altro.
La domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno del rifiuto di celebrare il matrimonio».
– La promessa deve essere vicendevole (è priva di qualsivoglia effetto la promessa unilaterale) e connotata da precisi requisiti formali, deve trattarsi cioè di veri e propri “sponsali”.
– Legittimato alla proposizione dell’azione risarcitoria di cui all’art. 81 c.c. non è qualunque soggetto effettui delle spese in previsione del futuro matrimonio, ma solamente il nubendo che, in quanto destinatario della promessa, effettui degli esborsi economici facendo affidamento sull’impegno reciprocamente assunto (Pret. Milano, 2 dicembre 1999).
– Il risarcimento è dovuto solo se la rottura della promessa avviene senza giusta causa e, come si evince dalla lettura del secondo comma della norma, è perfino chi manifesta il rifiuto a poter avanzare la richiesta nei confronti dell’atro il quale, per propria colpa, abbia dato origine al rifiuto medesimo.
– Il risarcimento è limitato alle spese fatte e alle obbligazioni contratte per causa del matrimonio, cioè nella presupposizione della celebrazione del futuro patrimonio, con esclusione dei pretesi danni morali e psicologici conseguenti alla mancata celebrazione (Tribunale Bari, 28 settembre 2006).
– Da notare infine la prescrizione di questa particolare azione risarcitoria nel limitato tempo di un anno dal “giorno del rifiuto”.
Diversamente per quanto riguarda l’obbligazione di restituire i doni di cui all’art. 80 del codice civile («Il promittente può domandare la restituzione dei doni fatti a causa della promessa di matrimonio, se questo non è stato contratto») non rileva la forma della promessa, sia essa unilaterale o reciproca, formale o informale né la pubblicità della stessa.
Quanto all’individuazione dei doni che andranno fatti oggetto di restituzione, nell’interpretazione più ampia della norma, devono ritenersi ricomprese tutte le attribuzioni a titolo gratuito effettuate tra i promessi sposi a prescindere del valore del bene donato.
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