Corte Costituzionale, 27 luglio 2007, n. 329
Dispone l’art. 128, secondo comma, del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato) che l’impiegato dichiarato decaduto ai sensi della lettera d) del primo comma dell’art. 127 dello stesso decreto, ovvero qualora sia accertato che l’impiego fu conseguito mediante la produzione di documenti falsi o viziati da invalidità non sanabile, non può concorrere ad altro impiego nell’amministrazione dello Stato.
Detta norma, quantomeno negli intenti, mira a garantire il rispetto di due principi di ordine costituzionale: quello di lealtà nel rapporto tra pubblico dipendente e P.A. di cui all’art. 98 Cost e quello del buon andamento e dell’imparzialità dell’organizzazione amministrativa (art. 97 Cost.).
Tuttavia, il combinato degli articoli 127 e 128 del citato decreto, prescindendo da ogni valutazione circa la diversa gravità oggettiva della condotta in concreto realizzata dal pubblico impiegato (che può estendersi dal reato di falso alla irregolarità documentale) ovvero prendendo in esame un unico comportamento ritenuto di per sé idoneo a pregiudicare l’interesse dell’amministrazione, confligge con il criterio – costituente espressione della razionalità che domina il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. – di adeguatezza tra illecito amministrativo e sanzione, affermato dalla stessa Corte costituzionale a partire dalla sentenza n. 270 del 1986.
La Corte pertanto ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 128, secondo comma, del Decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 nella parte in cui non prevede l’obbligo dell’amministrazione di valutare il provvedimento di decadenza dall’impiego, emesso ai sensi dell’art. 127, primo comma, lettera d), dello stesso decreto, al fine della ponderazione della proporzione tra gravità del comportamento e divieto di concorrere ad altro impiego nell’amministrazione dello Stato.
Corte Costituzionale, 27 luglio 2007, n. 329